«Meglio noi che andiamo con le donne. La sinistra va coi culattoni». Diceva Umberto Bossi, il vecchio Capo della Lega Nord, nel 2008, senza il benché minimo rispetto nei confronti degli omosessuali. E chissà cosa starà pensando in queste ore il fondatore del movimento padano di fronte alle polemiche che sono scoppiate dentro il partito ora in mano al segretario Matteo Salvini. Tutto nasce dopo la decisione di Fabrizio Cecchetti, vice presidente leghista del Consiglio regionale in Lombardia , di votare a favore del patrocinio per il Gay Pride al Pirellone. Si tratta di un voto contrario alla linea imposta dal capogruppo Massimiliano Romeo, che aveva chiesto ai suoi di votare per il no. Per Salvini la vicenda non è un problema. E il leader si è affrettato a chiudere ogni polemica in questo modo nei giorni scorsi: «Chissene frega del gay pride e chissene frega del patrocinio». Cecchetti quindi, secondo il segretario, non avrà ripercussioni né ordini di espulsione. Il problema è un altro. Roberto Maroni da tempo ai ferri corti con il segretario per la linea politica che ha preso negli ultimi anni il partito, ha scombinato i giochi. Il 28 maggio ha smentito proprio il segretario. Per il governatore, infatti, un rappresentante della Lega Nord «o esegue le indicazioni della Lega o si fa da parte». Interpellato a margine dei padiglioni di Expo 2015 a Rho, rispetto al patrocinio al Gay Pride, ha detto: «Non è una cosa bella. La Lega è un movimento che ha un’organizzazione precisa e regole precise: quando viene data una indicazione o la esegui o ti fai da parte. Questo non è avvenuto». Per questo motivo, ha spiegato Maroni la posizione di Cecchetti «sarà oggetto di valutazione del gruppo e del commissario regionale: se la Lega dice di fare in un modo non puoi non farlo, se la rappresenti. Non può funzionare così, altrimenti è l’anarchia».
28 Maggio 2015