Ho aperto la pagina de LINKIESTA, ho effettuato il login. Adesso mi trovo davanti da riempire la schermata con la pagina bianca del mio spazio blog. Sto vivendo un momento di libertà straordinario. Ho lo spazio, il tempo e l’occasione per esprimere le mie opinioni. Chi vorrà, potrà leggerle, ignorarle, condividerle, confutarle.
Questa libertà non l’ha Raif Badawi, un blogger saudita che il 7 maggio 2014 è stato condananto a 10 anni di carcere, 1.000 frustate e una multa che ammonta a una somma equivalente a 196.000 euro. Un accanimento che mozza il fiato. La sua colpa? aver fondato e gestito il forum online “Free Saudi Liberals”, dedicato al dibattito su temi politici e religiosi in Arabia Saudita. Lo accusano di aver “insultato l’Islam” e criticato alcuni leader religiosi.
Il 9 gennaio 2015 Raif Badawi è stato pubblicamente frustato davanti alla moschea di al-Jafali a Gedda. Gli hanno dato le prime 50 frustate. Solo per aver espresso le sue opinioni. Badawi doveva essere sottoposto ad altri cicli di pubbliche frustate, che però sono state sospese, anche a causa delle sue condizioni di salute.
Raif Badawi ha 31 anni, è sposato e ha tre figli piccoli. Dal 2013 i suoi familiari vivono in Canada, dove hanno ottenuto l’asilo politico. Per Raif Badawi e altri 11 prigionieri di coscienza sauditi si sta battendo Amnesty International. Amnesty ha lanciato una campagna internazionale per il loro immediato rilascio senza condizioni. Ensar Haidar, moglie di Raif, ha detto: “Voglio dire a voi, persone libere che avete preso a cuore il destino di Raif, che le vostre proteste stanno facendo la differenza. Per favore, non fermatevi fino a quando Raif non sarà rilasciato”.
Anche parlare di Raif nelle poche righe in questo blog è un modo per non fermarsi.
#bloggingisnotacrime