L’insostenibile pesantezza dell’essere italianoStop/Start/Continue. Il mio FestivalEconomia tra Stiglitz, Renzi e Rampini.

Quello che mi è venuto in mente di scrivere ora è un breve "diario di bordo" di uno degli eventi culturali di spicco del panorama italiano. Sto parlando del Festival Economia di Trento, giunto orma...

Quello che mi è venuto in mente di scrivere ora è un breve “diario di bordo” di uno degli eventi culturali di spicco del panorama italiano. Sto parlando del Festival Economia di Trento, giunto ormai alla decima edizione e patrocinato dalla Regione e Provincia autonoma in forte collaborazione con l’Università degli Studi di Trento. E’ un evento di cui possiamo vantarci in tutto il mondo, dato che non esiste altrove un festival di tale portata e accuratezza scientifica organizzato sistematicamente ogni anno. Ho avuto la fortuna (e la pazienza per ore di fila!) di partecipare ad alcuni degli eventi che ho ritenuto fondamentali ed imperdibili e mi sono sentito quasi in dovere di scriverne. Per prendere in considerazione ciascuno dei tre userò un particolare flow: Stop/Start/Continue.

Stop/Stiglitz: A parlare è niente meno che il premio Nobel, ex presidente della Banca Mondiale ed ora consigliere economico di Hillary Clinton, Joseph Stiglitz. Ho riassunto l’intervento con “Stop” per diverse ragione, ma soprattutto perchè penso che l’economista americano abbia cercato di mettere al centro un grande problema, quale la disuguaglianza, e invitando a dare una cesura col passato. Con un tema come la mobilità sociale era quasi inevitabile un’aspra critica di un neo keynesiano come Stiglitz: se quando scritto contro la politica della Banca Mondiale non bastasse, non si sono risparmiate critiche alla gestione degli Stati Uniti (riassumibile in Mr. Obama), alla BCE ed, ovviamente, all’Italia. Stiglitz, con un inglese molto comprensibile e con l’aiuto di slide quasi didattiche, ha mostrato come dei colossi economici come Stati Uniti ed Italia (come comunque rientra ancora nel G7) si siano tramutate in paese fortemente diseguali e caratterizzati da un’alta immobilità sociale. Com’è possibile? Per Stiglitz è semplice: il focus del problema che analizza chi ci governa è sbagliato. I mercati non sono una forza incontrastabile come un fiume in piena, quindi non è l’economia che porta alla disuguaglianza ma la politica. La democrazia del XXI secolo che porta alla disguaglianza, la prova ne sono tutti gli stati appartenenti all’ex blocco Atlantico durante la Guerra Fredda. Tutti stati che seguendo il percorso indicato dagli Stati Uniti ne sono diventate delle copie. Joseph Stigliz quindi mostra cosa c’è di sbagliato ed invita a superare i dogmi del mercato che ha portato alla crisi (la legge di Okun ne è un esempio) e provare mettere una gestione politica adeguata come antidoto del dominio dell’economia.

Start/Renzi: Il premier italiano ha tenuto un interessante dibattito con il primo minsitro francese Manuel Valls e Lilli Gruber. Valls e Renzi sono accomunati da un’opinione pubblica che li accusa per lo stesso motivo: “ma sono veramente di sinistra questi?“. Hanno una storia simile i primi ministri, sia come età che come legittimazione popolare (tutt’altro che plebiscitaria per entrambi). Sono sulla stessa linea d’onda, quella della sinistra riformatrice che vuole cambiare gli scenari gradualmente, senza la fantomatica rivoluzione, ma che non riesce a fare il passo decisivo… o semplicemente non riesce a FARE. Come si fa allora a far svegliare la mattina gli elettori con una vocina che ripete “riforme, riforme, riforme!” da un giorno all’altro? A detta dei due lo si fa dando credibilità alle riforme stesse (poco importa se c’hai Maria Elena Boschi che mette le mani sulla Costituzione) e superare i dogmi della sinistra rivoluzionaria. Quali sono? Valls dice l’immigrazione, Renzi ovviamente il lavoro. Diciamo che un concetto è chiaro: in tempi di crisi poco importa essere di destra o di sinistra, ci sono provvedimenti che devono essere presi perchè tali e perchè sono gli unici possibili. E’ stato un peccato che non si sia approfondito l’argomento America, soprattutto sul tasso di disoccupazione e la diminuzione dei salari minimi. Renzi dice espressamente “metterei la firma per avere la disoccupazione di Obama“, però spiegategli che prima deve prendere le stesse misure le quali sono completamente opposte ad austerity e rigore. Ah, notizia di ieri: Matteo Renzi è contrario alla linea di rigore della Germania, peccato che il candidato per la presidenza della Commissione per il PSE fosse un certo Martin Schulz.

Vorrei parlare di molti altri temi che hanno toccato ma bastano questi per capire perchè ho messo Renzi e Valls nella parte Start del processo. E’ evidente che ci siano le buone basi per le riforme e la decisione per intervenire, fino ad ora è stato un bel discorso ora però bisogna appunto iniziare a fare. L’Italia e l’Europa hanno vissuto per troppo tempo nei dogmi ed essi, per quanto tali, sono noti per bloccare le azioni più che per favorirle. “Rompiamoli” dev’essere il grido di battaglia di tutti.

Continue/Rampini:  il corrispondente da New York City de La Repubblica è, inaspettatamente forse, la nota di speranza del Festival Economia. Nel suo intervento, introdotto da Giuseppe Laterza, spazia nella sua descrizione del cambiamento politico/economico degli ultimi 10 anni dagli Stati Uniti, alla Cina, all’Europa. Citando anche fasi della sua vita personale, Rampini vuole mettere in luce i principali sconvolgimenti avvenuti dalla fondazione del WTO (1999) fino ad oggi, cercando anche di fornire un previsione ed un giudizio per quelle che sono le manovre attuate negli ultimi tempi. Cadrò nel banale, ma la lucidità con cui il giornalista analizza ogni contesto diverso dell’economia globale è spiazzante. Senza partito preso, riesce a ricavare una spiegazione ed una soluzione ai problemi nel mercato di oggi. Esito? Siano benedette le manovre espansive: è solo grazie al tempestivo intervento della Federal Reserve che gli USA hanno superato la recessione già nel 2009. Immettendo nell’economia reale, seppur come apparso in Stiglitz in modo comunque ineguale, circa 4.500 miliardi di dollari, l’economia statunitense ha ripreso vigore e competitività. La Cina grazie allo stesso tipo di manovra non è entrata in recessione nemmeno per due quadrimestri di fila. L’Europa, grazie all’immobilismo delle altre cariche ed in nome del rigore, è in recessione da 6 anni. Solo nel 2015 la BCE di Mario Draghi ha dato una svolta decisiva alla svalutazione dell’euro stabilendo il livello Euro/Dollaro quasi alla pari, immenttendo grandi somme di denaro non alle banche ma all’economia reale e comprando bond di Stato. Secondo Rampini, e secondo i numeri a quanto pare, l’economia europea sta già sentendo gli effetti benefici come può testimoniare un nuovo, per quanto flebile, vigore dell’industria italiana.

Perchè Continue? Secondo Rampini gli USA e l’Europa sono sulla strada giusta e questa è forse la nota di speranza e ottimismo che ogni italiano, ogni europeo vorrebbe sentire. Ci sono comunque molti, grossi problemi nella situazione geopolitica attuale: non abbiamo più punti di riferimento, anche se la crescita dei BRICS sembra essersi assestata dobbiamo comunque far fronte ad un baricentro che si è spostato tra l’Oceano Pacifico e l’Oceano Indiano. Gli Stati Uniti non sono più all’estrema deriva, grazie alla politica economica efficace e alla nuova gestione delle risorse minerarie/petrolifere che li rendono indipendenti dal Medio Oriente, ma devono comunque fronteggiare minacce interne (dal populismo all’incertezza sulle prossime presidenziali del 2016). Continuiamo così, anche se dovremo prendere atto che la nostra generazione sarà quella che vivrà nel pieno del secolo cinese.