Portineria MilanoL’imbarazzante funerale del boss a Roma. Ma Papa Francesco non ha nulla da dire?

Dice bene il giornalista Lirio Abbate intervistato dal Fatto Quotidiano sui funerali del boss Vittorio Casamonica a Roma. «Il messaggio lanciato è pesantissimo: alla vigilia del maxi processo contr...

Dice bene il giornalista Lirio Abbate intervistato dal Fatto Quotidiano sui funerali del boss Vittorio Casamonica a Roma. «Il messaggio lanciato è pesantissimo: alla vigilia del maxi processo contro Mafia capitale, i romani sanno che uno dei Casamonica può essere omaggiato in quel modo in pieno giorno». Perché in fondo di questo si tratta. Uno dei clan che da anni controlla Roma può permettersi funerali nello stile di Don Vito Corleone di Mario Puzo, in barba ai tanti che continuano a ripetere che di mafia non si può parlare nella Capitale. Ma tra storie di truffe e spaccio di droga, di gigantografie con le foto del Re di Roma, di cavalli neri, di dediche come «hai conquistato Roma ora conquisterai il paradiso», la nota stonata di questa storia è la Curia Romana che ha concesso senza troppi problemi la chiesa per i funerali, attribuendo persino ad altri le responsabilità di quanto accaduto. Forse il parroco Giancarlo Manieri, salesiano delle Marche e da tre anni parroco di San Giovanni Bosco, ha dimenticato le parole di Papa Francesco? Bergoglio lo spiegò il 14 giugno scorso, proprio durante un convegno della Diocesi Romana. «Roma ha bisogno di una rinascita morale e spirituale».

Eppure il parroco non pare turbato in un’intervista a Repubblica: «No, non ne ero al corrente. Non ci hanno chiesto il permesso e la mattina quando ho aperto le porte non ho controllato la facciata. Tenga presente che io ho ricevuto solo la richiesta di celebrare il rito». E poi: «Nulla, ciò che avviene fuori dalla chiesa non è di mia competenza. Io non sono un vigile urbano e ci tengo a precisarlo». Non sarà un vigile urbano. Ma se si pensa che in quella stessa Chiesa furono vietati i funerali di Piergiorgio Welby nel 2006, emerge gran parte dell’ipocrisia di un’istituzione che predica bene ma continua da anni a razzolare male. Il Vicariato, dove all’epoca sedeva Camillo Ruini spiegò così la sua posizione contro l’attivista radicale: «Con i suoi gesti si è messo in contrasto con la dottrina cattolica». La colpa di Welby sarebbe stata quella di combattere per il diritto all’eutanasia e contro l’accanimento terapeutico. Una lotta pubblica e senza ipocrisie che nel 2006, dopo la sua morte, ha portato la curia romana a negargli una cerimonia religiosa. Per i mafiosi c’è sempre spazio invece.