L’altro giorno ho intravisto Veltroni che presentava il suo libro a “Che tempo che fa”.
Non ho mai letto nulla di Veltroni, nemmeno ho visto mai un suo film e neanche leggerò quest’ultimo libro: già non ne avevo voglia e sentire nell’intervista con Fazio ripetere diverse volte le parole “la mia generazione”, “diritti”, “la sua generazione”, “immaginazione”, “diritti”, “nella recensione di Michele Serra” mi ha tolto ogni imbarazzo nel non leggere mai qualcosa di Veltroni e di essere contento di non averlo mai fatto.
Per fortuna la prima domanda non era sul libro, ma sulla situazione politica di Roma dopo le mezze dimissioni di Marino. Devo dire che non ho ascoltato molto bene la risposta di Veltroni (come per il resto dell’intervista), forse sto idealizzando questa risposta, forse ha parlato di “quella grande stagione di partecipazione”, forse ha detto la frase “prima della crisi economica”, non lo so, comunque parlava da ex sindaco della capitale.
Mentre parlava e non lo ascoltavo mi è venuto in mente un flash: quando Veltroni era sindaco io andavo ancora alle superiori, ed essendo considerato un sindaco illuminato diverse volte i nostri professori ci portavano a delle iniziative in cui il sindaco era presente. Tra l’altro ho partecipato anche ad un viaggio ad Auschwitz – Birkenau organizzato dal comune, Veltroni venne con noi, e devo essere sincero mi ricordo di aver incontrato una persona piacevole e alla mano.
Detto questo, un giorno, Veltroni venne alla festa della nostra scuola superiore, che era un istituto tecnico, che stava in estrema periferia a Roma, che non ci arrivavano neanche gli autobus a cadenza fissa (arrivavano solo all’entrata e all’uscita, dovevano trasportare tutta la scuola creando quindi l’effetto carro bestiame), che mi ricordo il primo giorno di scuola superiore me la feci a piedi e c’erano ancora le pecore che pascolavano (poi per fortuna è arrivato un palazzo nel prato dove le pecore pascolavano), che negli anni quando costruirono un tratto di alta velocità usarono il piazzale della nostra scuola come entrata del cantiere essendo che quest’ultima (la nostra scuola) non era stata segnalata nella mappa dei lavori, che in questo piazzale abbandonato da Dio e dagli uomini la notte si appartavano le coppiette in macchina, che dopo uno stupro ad una coppietta in macchina il piazzale suddetto venne chiuso la notte con un cancello enorme tipo campo di concentramento per non far entrare nessuno, che la scuola era circondata da aree verdi incolte tipo palude Pontina che nessun servizio giardini del comune si occupava di curare.
La mia scuola per me era bellissima, ma detto questo un giorno venne l’allora sindaco di Roma Veltroni alla festa del nostro istituto e accadde questo, ed io questo ho ricordato quando ho visto Veltroni parlare dell’attuale situazione di Roma: il giorno prima della festa e della visita del sindaco tutte le aree verdi incolte da decenni vennero sistemate, tutto il piazzale dinanzi alla scuola fu pulito con solerzia dagli addetti comunali e quel giorno, incredibilmente, anche gli autobus arrivarono in orario e in numero maggiore per non permettere al sindaco di vedere mandrie di studenti camminare su un marciapiede stretto, in fila indiana, per recarsi a scuola.
Ovviamente non c’azzecca niente, ovviamente quello che ho raccontato non è per niente grave, in tutto il mondo forse si sistemano le cose quando arrivano i sindaci, che non si è mai visto un sindaco che arriva in un posto che non si può guardare, anzi mi ricordo anche con tenerezza del tappetto rosso che il bidello mise all’ingresso che ancora oggi mi chiedo dove l’ha preso quel tappetto rosso, che queste cose ti fanno ridere ma poi ti rendi conto che un po’ queste cose ti restano dentro, che un po’ periferico rimani sempre anche nel rapportati col mondo, che in po’ di rabbia ti brucia sempre dentro, ma detto tutto questo Veltroni sicuramente non c’entra niente con quello che succede oggi a Roma.
Ma poi penso, che forse in quel piccolo già era successo tutto.