La notte successiva alla strage di Parigi ero schermo a schermo con un ribelle di Aleppo. Uno di quei siriani che ce l’ha con Assad, con l’ISIS, con la Russia.
Musulmano. Non so se per voi basti essere ribelle, musulmano e siriano, per essere un militante dell’ISIS. Per alcuni sì. In Tv, sui social, nei nostri discorsi e in quelli degli altri, si fa ancora una gran confusione. Contattato su facebook, su mia richiesta mi ha girato un documento, in arabo, francese e inglese. Poi abbiamo parlato a lungo. Su Medium ho raccontato fin troppo di questa storia…
È la condanna al terrorismo firmata anche da alcune legioni della FSA (Free Syrian Army), redatta il 14 novembre. Comincia così:
Siamo profondamente scioccati e dispiaciuti per la terrificante notizia della morte di innocenti civili a Parigi. Condanniamo fermamente gli atti criminali e disumani che si sono verificati. Consideriamo questi atti terroristici non differenti da quelli che i siriani sopportano da 5 anni.
È un’accusa decisa all’ISIS, ma anche al regime di Assad. Tra le righe solleva il dubbio che possano esserci dei legami tutt’altro che banali tra le due “entità”.
Più di due anni fa, scrivono i ribelli, il governo siriano aveva minacciato di portare il terrore in Europa, attraverso il ministro degli esteri e il gran Mufti. Quando ne chiedo conferma, Mohammed smitizza. “Potrebbero esserci degli errori di traduzione”, dice. Cauto, non può affermare con certezza che ci sia un legame tra Assad e l’ISIS. Può supporre, però, che abbiano alcuni interessi in comune. “Una situazione molto complessa”, sottolinea. Con un po’ di ironia.
Lo immagino così-mentre riusciamo anche a scherzare. Gli parlo di Gazebo, di Diego Bianchi “il miglior giornalista della TV italiana”, e di Salvini, che ancora non conosce e di cui gli parlerà il giorno successivo un amico. Lui, a buio di un qualche posto, perché <<non ci sono stanze confortetevoli, qui ad Aleppo>> mi mostra il suo gatto.
Nonostante i raid aerei russi che sorvolano Aleppo da giorni, le macerie della capitale economica della Siria, la connessione lenta, i sospetti del mondo e tutto il resto, questo giovane di 23 anni con cui parlo in chat fino all’alba, mi sembra più felice e in pace con se stesso di me. Fa il lavoro che gli piace. Io non proprio quello che vorrei. Neanche a prendermi cura di un micio. Non ci provo. Lui ci riesce
Pregiudizi.
Lo avrei immaginato con i capelli molto scuri, trasandato, con lo sguardo cupo. Brutto. È invece uno splendido siriano. Castano, con gli occhi verdi. Iperconnesso, tra l’altro. Anche su instagram, dove l’ultima cosa che avrei immaginato di poter trovare era un selfie in acqua.
Non vuole lasciare il suo Paese. Lo ama. Free lance, lavora per l’Aleppo Media Center ed è reporter dalla Siria per Al-Monitor. Lo ribadisco perché pare che Al Monitor sia di proprietà di tale Jamal Daniel, un siriano ricco imprenditore che vive in America e che finanzia anche un giornale di Beirut dalla linea editoriale chiaramente pro Assad.
Che Mohammed riesca a raccontare tra le righe quanto accade in Siria ciò nonostante è una buona cosa, anche se non sappiamo quali limiti cerchi di arginare con le parole.
Fino a un anno fa, prima di darsi al reporting faceva foto in giro per la sua città. Mi chiede se la conosca e mi suggerisce di guardare su google. Cerco-trovandone a fatica-immagini che non siano di case distrutte e di macerie. Lui invece vuole farmi vedere proprio quelle. Molte hanno la sua firma. “Cerca “Aleppo Mohammed Al Khatieb”, mi dice. Ne è orgoglioso come io mai sono riuscita a essere orgogliosa di me. Libero. In una terra di regime. Tanto libero che non ha paura che io mostri la sua faccia e vi dica il suo nome.
Si chiama Mohammed Al-khatieb, lo sapete già, oramai. Mi ha involontariamente accompagnato in una storia che ancora sto cercando di capire, un tragico sabato notte nel quale avrebbe sicuramente avuto altro da fare. E solo perché gliel’ho chiesto…
Per maggiori dettagli su questa storia: