L’Arabia Saudita è scatenata su tutti i fronti. Il 2 gennaio, nello stesso giorno in cui la lama della scimitarra faceva cadere la testa di 47 condannati a morte, la coalizione a guida saudita impegnata in Yemen contro i ribelli Houthi (sciiti) dichiarava la fine del cessate il fuoco in vigore dal 15 dicembre scorso per favorire l’inizio delle trattative tra le parti in Svizzera. Secondo i sauditi, la tregua è stata interrotta a causa degli attacchi che gli Houti avrebbero compiuto nei confronti dell’Arabia Saudita nelle ultime settimane.
Così è ripresa una guerra feroce, sanguinaria e invisibile. Cominciata nel marzo del 2015, la guerra in Yemen, secondo l’Onu, ha provocato 2.795 morti morti e 5.234 feriti, con una serie infinita di crimini di guerra e violazioni dei diritti umani. Inoltre il conflitto ha determinato una catastrofe umanitaria in un Paese già piegato dalla povertà. Secondo l’ufficio delle Nazioni Uniti per il coordinamento dell’azione umanitaria oltre 21 milioni di yemeniti (su una popolazione totale di 26 milioni) hanno bisogno di auto umanitario. Metà della popolazione non ha accesso all’acqua potabile e oltre un terzo degli yemeniti non ha cibo a sufficienza.
Contro gli Houthi (che godono del sostegno dell’Iran), l’Arabia Saudita ha preso al guida di una coalizione formata da vari paesi del Golfo (Emirati Arabi, Bahrain, Kuwait, Qatar) e in più Egitto, Giordania, Marocco, Senegal e Sudan. All’elenco vanno aggiunti anche centinaia di mercenari arrivati in gran parte dalla Colombia.
I mercenari esistono da quando si combattono guerre. Sono persone che fanno le guerre per soldi, non per dovere di cittadinanza, per patriottismo o amore di bandiera. In tempi più recenti, con la guerra in Iraq, abbiamo imparato a chiamarli contractors, ma la sostanza non cambia.
Incuriosisce che, in Yemen, i mercenari siano sudamericani. Oltre ai colombiani ci sarebbero panamensi, salvadoregni e cileni. Un ulteriore elemento di confusione in uno scenario dove già si combattono eserciti governativi, tribù armate e gruppi terroristici.
I mercenari colombiani sono stati reclutati dagli Emirati Arabi e sarebbero stati scelti per la loro esperienza nel contrastare sia la guerriglia armata delle Farc (Forze armate rivoluzionarie della Colombia) che il narcotraffico. Gli Emirati utilizzerebbero già dal 2010 i colombiani, ma in genere per operazioni di controllo e di sicurezza (ad esempio degli oleodotti), ma non per il combattimento. Però i tempi lunghi e l’inasprimento del conflitto in corso in Yemen avrebbero reso necessario il loro impiego anche in guerra. Con il rischio di perdite, come sarebbe avvenuto (il condizionale è d’obbligo, vista la mancanza di conferme ufficiali) a dicembre in due diversi episodi che avrebbero provocato la morte di 14 colombiani.
Non è la prima volta che soldati sudamericani vengono reclutati per combattere su altri fronti. Fra il 2004 il 2006 la società Blackwater (la compagnia militare privata responsabile di non pochi abusi in Iraq) avrebbe avuto al suo servizio in Iraq 1.500 colombiani, 1.000 peruviani, 500 cileni e 250 salvadoregni.
Il coinvolgimento dei professionisti colombiani della guerra nel conflitto in Yemen coincide proprio nel momento in cui in Colombia avanza con successo il processo di pace fra il governo e il guerriglieri delle Farc. Evidentemente non se la sentivano proprio di restare disoccupati. La pace lascia sempre qualche scontento.