E’ ancora il tempo dell’Africa? Lo e’ senz’altro di scoprire il suo mondo a colori attraverso le storie raccontate su un account Instagram. Magari quello di un fotografo professionista per cercare gli scatti piu’ di buon gusto.
Per esempio quelli del “collettivo” Everyday Africa @everydayafrica, che e’ anche un hashtag, che colleziona immagini (foto e ormai anche video) realizzati con i cellulari da fotografi che vivono e lavorano in Africa, per raccontare le diverse sfumature della vita quotidiana nel continente. Oltre 280k i follower del canale Instagram. Il progetto concepito dal fotografo Peter DiCampo e dal giornalista Austin Merrill, e nato su Tumblr, ha ispirato un movimento globale raccontando con le immagini la vita quotidiana in Africa. Dalle partite di calcio sulla spiaggia, ai mercati di pesce e verdure affollati di bambini, ai classicissimi tramonti. Situazioni forse non troppo originali, spulciando fra le quali, pero’, spuntano delle sorprese: come le foto in cui si vede che cosa sfila al terzo Rwanda Cultural Fashion Show, o i ritratti degli skater di Sale’ in Marocco, accompagnati da didascalie lunghissime che ne spiegano i dettagli ed elevano l’immagine ad uno strumento narrativo. Un bel modo per riequilibrare la nostra conoscenza di un continente complesso, connesso e purtroppo ancora troppo conflittuale.
E così l’Africa ci appare piu’ seducente e ci prende il malanno. Come anche spulciando negli account personali dei fotografi Phil Moore @philmoorephoto che si concentra sull’Africa orientale; quello di Steven Chikosi @stevenchikosi che vive e lavora nel difficile Zimbabwe; e del ghanese Nana Kofi Acquah @africashowboy, (bella la video intervista Keep it real with photography su CNN); di Francis Kokoroko @accraphoto e i suoi lavori dal potenziale poetico (sul suo feed Instagram sono apparse le immagini di Gates , un progetto visivo su come le barriere vengono create in modo creativo ad Accra). Quindi, @lagosphotofestival primo e unico festival internazionale delle arti di fotografia in Nigeria. E infine un capitolo a parte lo meritano gli igers del Sudafrica, ma non questa volta.