Ecco la mappa mondiale degli amici e dei nemici di Mosca nella ”guerra mediatica” con l’Occidente: l’ha disegnata l’Istituto russo di studi strategici, un ente che dipende dal Cremlino. E per presentarla, oggi, denunciando a ogni piè sospinto ”la propaganda occidentale” contro la Russia, ha scelto – ironia della sorte – la sede dell’agenzia ‘Rossia Segodnia’: uno dei più potenti strumenti di propaganda nelle mani dello ‘zar’ Vladimir Putin.
In questa mappa speciale, edizione 2015, l’Italia è colorata in giallo, proprio come la Francia e il Belgio, ma anche come la Cina, l’India, l’Egitto, la Turchia, il Kazakistan, il Brasile e l’Argentina: rientra infatti tra i paesi in cui – stando a Mosca – i media sono ”neutrali” nei confronti della Russia. Sono invece evidenziati in arancione gli Stati Uniti, la Gran Bretagna, il Canada, la Germania, il Giappone, la Spagna, i paesi scandinavi, i paesi baltici, e persino la Bielorussia, da sempre alleata di Mosca: qui – sempre secondo l’Istituto di studi strategici – i giornalisti sono ”moderatamente critici” verso il governo russo. In tutto il globo terracqueo solo la Siria e Cuba sono dipinte di verde chiaro: perché hanno un atteggiamento ”moderatamente benevolo” nei confronti di Mosca, spiega la legenda. Evidentemente i media analizzati in Siria erano quasi tutti dalla parte di Bashar al-Assad, il controverso presidente finora sostenuto da Putin.
”Il mondo anglosassone – sintetizza il responsabile della sezione Sicurezza dell’istituto, Igor Nikolaiciuk – non è molto bendisposto verso di noi, mentre i paesi del sud dell’Europa come la Francia e l’Italia, tranne forse la Spagna, hanno trasmesso in modo nobile l’immagine della Russia ai propri lettori, spettatori e utenti, è un piacere dirlo”.
Un giornalista cinese presente in sala è però rimasto visibilmente contrariato dal trattamento riservato al suo paese: ”I media cinesi rientrano nella categoria ‘neutrale’, ma a mio parere dovrebbero essere quantomeno inseriti tra quelli moderatamente a favore della Russia”, ha detto in tutta franchezza. Al che un funzionario dell’Istituto russo di studi strategici s’è affrettato a rispondergli che ”è una questione metodologica”, sottolineando che ”ogni pubblicazione in cui si valuta positivamente l’operato della Russia è preziosissima” cosi’ come ”è prezioso il lavoro neutrale ed equilibrato della Cina nei confronti della Russia”. Insomma, meglio tenersi buona Pechino.
Gli studiosi russi hanno deciso di tradurre in numeri anche l’atteggiamento verso il Cremlino delle singole testate e persino dei singoli giornalisti, e per farlo si sono inventati un inquietante ”indice dell’aggressività” dato dal rapporto tra le pubblicazioni in cui viene criticato il potere russo e quelle ”neutrali”. Ne viene fuori una sorta di classifica, secondo cui la testata italiana più critica nei confronti della Russia nel 2015 è stata Repubblica (con l’indice a 0,87), seguita dalla Stampa (0,79).
Tra i media internazionali, il Wall Street Journal ha un ”indice di aggressività” di 2,13, il New York Times di 2,15, la Cnn di 1,92, il Financial Times di 1,52, il Guardian di 2,12, la Bbc di 0,74, Le Figaro di 1,08, Le Monde di 1,7, El Pais di 1,41, El Mundo di 1,94 e Newsweek addirittura di 6,73.
Mentre nella Sala Presidenziale di ‘Rossia Segodnia’ si snocciolavano amici e nemici di Mosca, il portavoce di Putin rispolverava il mito della Russia circondata dai nemici: alcune testate stanno preparando “per i prossimi giorni” un attacco mediatico contro Putin e il suo entourage, ha avvertito il baffuto Dmitri Peskov ipotizzando il coinvolgimento di agenti di servizi speciali stranieri. L'”indice di aggressività” di alcuni giornali internazionali sembra insomma destinato a impennarsi. Di certo non quello dei media russi, per lo più asserviti al potere.