C’è grande fermento in queste ore attorno alla figura di Pino Maniaci, il proprietario di Telejato accusato di estorsione nei confronti dei sindaci dei comuni siciliani Borgetto e Partinico. Accusato di aver piazzato una sua conoscente in un comune facendo leva sulla sua influenza, e di essersi fatto scudo delle battaglie antimafia per nascondere una presunta vita privata torrida, quella che avrebbe portato il compagno dell’amante – non un boss – a uccidergli, impiccandoli, i cani. La trama, certo, è avvincente, e ci sono davvero tutti gli elementi per suscitare lo sdegno dell’opinione pubblica. Abituata all’immedesimazione o, di contro, a un antagonismo smodato. E’ tutto o nero o tutto bianco, per i critici da tubo catodico. Quelli che scambiano la farsa strumentale alle Del Debbio per programmi di approfondimento, quelli rincoglioniti da decenni di Maria De Filippi, case e isole. Quelli avvezzi a lasciarsi trascinare appena leggono due righe su Twitter, un post su Facebook o appena guardano un video su Youtube. Senza pensare con la propria testa, mai. E allora Pino Maniaci, dopo quasi 20 anni di lotte con Telejato, dopo una vita sacrificata, condizionata, costellata di pericoli, diventa un mostro. Lui che “predica bene e razzola male, c’ha l’amante, estorce ma è un pezzente perché chiede solo 400 euro. Lui che è in delirio di onnipotenza e offende Renzi, lo dice un video e quelle intercettate sono parole sue”.
E poi lo dicono, e lo scrivono, tutti. Anche quelli che alla porta di Telejato hanno sempre bussato per farsi raccontare una Sicilia – Partinico, San Giuseppe Jato, Corleone, Montelepre – che in realtà non conoscevano affatto. Giornalisti noti di testate note, che oggi gridano allo scandalo e che ieri alzavano la cornetta per chiudere pezzi e servizi a loro firma ma frutto del lavoro e del sacrificio di un altro: Pino Maniaci. Che oggi si affannano o fanno affannare qualcun altro con keywords, Seo e Sem per comparire nei risultati di ricerca quando si parla di Telejato e del nuovo mostro da sbattere in prima pagina. Lo dico con l’amarezza tipica di chi fa parte di una categoria piena di limiti e lati bui, ma nonostante questo spera, ancora, in un cambiamento. Anche ora che vede sbucare chi dice di esser stato chiamato a fare il vicedirettoredi Telejato (in fasce?), e poi ha rifiutato perché prima c’erano da vedere i libri contabili. “Giornalisti” che affermano candidamente di aver coperto per anni Maniaci con la loro testata e il loro contributo, e che adesso si sentono traditi. Tutto normale, per loro. Ma chi vuole sparare sentenze, non può pensare che un giornale d’inchiesta possa essere usato per “coprire” qualcuno, né tantomeno farlo. Ma l’onda, anche oggi, si doveva pur cavalcare. Maniaci adesso frutta, e parlarne male frutta ancora di più.
Guardatevi intorno, scandagliate la rete. Tutti hanno detto le stesse cose, e nello stesso modo. Qualcuno ha dato rilevanza al commento su Facebook dell’ex amico di battaglie di Maniaci Claudio Fava solo per gli stralci utili: quelli che parlano di indignazione, di premi da restituire, di un uomo che si è gonfiato come un tacchino. Nulla su quell’emblematico “Voglio che dica se quelle trascrizioni sono manipolate o se è tutto vero”, frase che tradisce l’ansia di una risposta da Pino che ancora non è arrivata, o forse sì. Perché Maniaci e Telejato affermano che non esista nessun avviso di garanzia, e già a novembre dello scorso anno il giornalista aveva parlato, sibillinamente, di un suo possibile arresto. “Non mi stupirei se mi arrestassero”, aveva detto, sapendo peraltro di essere intercettato per quella storia di un funzionario che anziché denunciarlo per diffamazione lo aveva denunciato per stalking. Tutto molto torbido, acque in cui è facile dire tutto e il contrario di tutto. Ma, fino a prova contraria, potrebbero avere ragione tutti: detrattori vecchi e nuovi, ma anche lo stesso Maniaci, e allora perché sparare a zero?
Nessuno poi che parli davvero di quello che ha detto oggi Ingroia, l’uomo, il magistrato, il politico da riesumare a convenienza, persona autorevole dalla storia autorevole (viene dalla fucina di Paolo Borsellino) solo quando conviene a noi. Questa volta, da legale di Maniaci, ha detto qualcosa che è meglio non si faccia girare più di tanto, parlando di un servizio “montato” ad arte. Certo, sta parlando da difensore, ma chi parla di teorici del complotto deve ricordarsi la facilità, oggi, di tagliare, adattare, aggiustare un filmato. Per fare in modo che una frase, tolta da un contesto, possa diventare una cosa completamente diversa. Anche un’estorsione. “Cento euro me li dovevi”, dice Maniaci al sindaco del filmato ormai diventato virale, quasi che l’estorsione moderna passasse per un meccanismo contorto di dare e avere. Cosa che, lo capirebbe anche un bambino, è davvero poco plausibile. Ma allora cosa può essere successo? Forse Maniaci, persona esuberante e chiacchierona, avrà detto un fiume di parole di cui, per comodità strumentale, è stato riportato un rivolo. Ora? C’è il (prevedibile) lavorìo per chiudere Telejato. Allontanato Maniaci, la redazione è ormai desolata, i giornalisti sconfitti.
La mafia ha vinto. Grazie a eminenze grigie, a giornalisti compiacenti e a voi. Che avete creduto alla foga di un’ora più che alle battaglie di una vita.