10% Di matrimonio gay e altre amenitàIn Spagna torna a vincere la paura: “quel solito scontato bla-bla”

Non potrei trovarmi in un luogo più emblematico quando vengo a conoscenza dei risultati delle ultime elezioni in Spagna. Come ogni domenica sera sono nel centro del centro della penisola iberica, l...

Non potrei trovarmi in un luogo più emblematico quando vengo a conoscenza dei risultati delle ultime elezioni in Spagna. Come ogni domenica sera sono nel centro del centro della penisola iberica, leggasi la Plaza Mayor di Madrid, dove i fine settimana con un collettivo autogestito distribuiamo panini, caffelatte ma soprattutto qualche chiacchiera ai senzatetto della Capital. “Ha vuelto a ganar el miedo” esclama Pedro, in strada da 20 anni dopo uno sfratto. Già, la vittoria della paura, quella stessa paura che pare essere l’unico comune denominatore di quest’Europa che non ci crede. La paura di un’Inghilterra che fa retro front dinnanzi a un’Unione che traballa, la paura di una Spagna che torna alle urne per rispolverare le solite marionette che hanno appestato l’economia interna degli ultimi decenni. Se vuoi vincere un referendum, fallo contro l’Europa è l’azzeccatissimo slogan con cui Linkiesta parla di questa spinta euroscettica. Ed il 33% portato a casa dal PP di Mariano Rajoy pare confermare quest’ondata nera che rifugge da qualsiasi cambiamento, e che pare ignorare i dati Eurostat che ricordano che la disoccupazione giovanile nel Paese sfiora il 54%. In Facebook impazza l’indignazione di Spanishrevolution e dei centinaia di status che gridano allo scandalo, alternati a rassegnati ‘abbiamo il governo che ci meritiamo’. Mi consenta, ma abbiamo il governo che abbiamo votato. Perché la linea rossa tra Paesi dittatoriali e Paesi democratici che votano per le dittature è sempre più labile, ed il popolo che ha voce e potere non rischia. E per quanto assurdo, pare essere più rassicurante poter continuare a lamentarsi di tagli e corruzioni, che contribuire al rischio di migliorare una condizione immobilizzata su sè stessa. Ed a Madrid come a Londra, le vecchie generazioni hanno vinto sulle nuove, e quello stesso popolo che nel ’38 acclamava Hitler o Mussolini affacciati insieme al balcone di Piazza Venezia a Roma, oggi torna ad asservire una Nazione sempre più sull’orlo del baratro.

Gli homeless della Capitale scuotono la testa definendo il Paese sadomasochista. “Perché le pecore stanno in branco e belano, ma quando vedono il lupo, tornano all’ovile a orecchie basse’ dice Lisa, che proprio oggi festeggia 40 anni seduta sui cartoni sotto il portico della Piazza. Lisa ha lasciato la Repubblica Ceca quando aveva 20 anni, ha vagato per l’Europa in lungo e in largo, finché nella metà degli anni ’90 ha trovato il proprio posto in una Spagna liberale e libertina. Ma ora le cose cambieranno di nuovo – ne è convinta – e messa insieme qualche decina di euro è sua intenzione rimettere lo zaino in spalla. E mentre la sterlina cade a picco a una manciata di giorni dal già fatidico Brexit, Rajoy rivendica il suo diritto a governare quel Paese così affezionato alle sigle. Dopo le bombe dell’11-M nel 2004, ogni evento socio-politico della Penisola Iberica cavalca l’onda dei retweet grazie a numero ed all’iniziale del mese. Più partecipazione del popolo rispetto al 20-D, un’inezia di mobilitazione rispetto a quel mitico 15-M che lanció il movimento degli indignados, quest’ultimo 26-J rigira la frittata, o meglio la tortilla, con il solito leader che promette di non scartare nessuna ipotesi. E dopo 6 mesi scarsi di retorica e slanci scemati sul nascere, il Silvio iberico – come lo definisce Yuri, in strada dopo aver speso tutto ciò che aveva per un cancro alla prostata ormai degenerato – vince per la terza volta consecutiva, mentre un PSOE sempre più svuotato e privo di identità si aggrappa sul podio del secondo posto, con le gambe penzoloni. Le ali alternative agli antipodi, leggasi Podemos e Ciudadanos, escono a testa bassa, mentre il vecchio PP è stato votato dall’incertezza, dalla mancanza di alternativa, dall’inconsistenza di programmi sempre più deboli ed irrealizzabili. Ma soprattutto da quell’inmensa mayoría española molto tradizionale, che non concepisce anche solo l’ipotesi di poter apporre la propria X su un nome diverso da quello votato da sempre, anche solo per tradizione familiare.

Le seconde elezioni spagnole confermano sul trono quel Partito Popolare che cavalcò la bolla immobiliare di inizio millennio permettendo a centinaia di proprietari di rivendere le loro proprietà a prezzi esorbitanti: è questa l’ipotesi sostenuta da chi una casa neppure ce l’ha, mentre dalla Moncloa vaneggiano nell’aria proposte indecenti di alleanze popolar-socialiste. Ieri come il 20 dicembre, ‘quel solito scontato bla-bla’ per dirla come Giorgio Conte è il programma politico di quel carrozzone del PP che va avanti da sé, forte dei voti della tradizione inchiodata a sé stessa. “España premia al ladrón” sostiene chi è in coda per la cena, ben consapevole che quest’indignazione che ora scotta si attenuerà con il passare dei giorni, scansata dalle preoccupazioni di chi impreca contro un lavoro insoddisfacente ogni mattina mentre, pigiato dalla ressa in treno, si reca al lavoro. Hanno pianto un po’, poi si sono abituati: a tutto si abitua qual vigliacco che è l’uomo è la citazione di Dostoevskij con cui commenta i fatti Pepe, ex broker in strada da 10 anni dopo aver perso moglie, casa e lavoro per una paralisi, mentre i turisti davanti a noi addentano il classico panino di calamari fritti surgelati per il modico prezzo di 6 euro. Esibisce il documento di invalidità raccontandoci la sua mirabolante vita mentre raccogliamo i thermos. E’ tempo di salutare i veri abitanti di Plaza Mayor, coloro che, appostati dagli angoli, che nevichi o l’asfalto rovente sfiori i 40 gradi, osservano la vita senza fretta e senza orologio. Ben pochi di loro ieri han potuto esprimere il proprio voto, mentre alle urne venivano depositate le schede elettorali di chi è convinto non ci sia alcuna alternativa possibile alla realtà di cui si lamenta ininterrottamente giorno dopo giorno, maledicendo gli anni che passano, le condizioni che peggiorano, i tagli che aumentano e le opportunità che vacillano. Arrivata a casa leggo assonnata i titoli dei giornali con le dichiarazioni del neoeletto che promette impegno e cambiamento, e non posso fare a meno si sparare a palla Giorgio Conte, sperando di turbare almeno un poquito i sonni tranquilli dei miei vicini ottantenni, che probabilmente riposeranno in pace, soddisfatti dei risultati elettorali.

Io mi aspettavo, sai, da te
Qualcosa in più, qualcosa che
Non fosse una banalità
Non fosse il solito, scontato “bla bla”
Ti faccio i complimenti e
Ti lascio con i tuoi “gnè gnè”