Largo ai vecchiParliamo di donne, pardon, di femminismo

Non molti, forse, ricordano i libri e le tesi di Luce Irigaray filosofa e psicologa molto in voga negli anni '70 e giù di lì. Il suo successo si fondava soprattutto sulla forte polemica nei confron...

Non molti, forse, ricordano i libri e le tesi di Luce Irigaray filosofa e psicologa molto in voga negli anni ’70 e giù di lì. Il suo successo si fondava soprattutto sulla forte polemica nei confronti di Freud e, di conseguenza, anche nei confronti di Lacan che le valse anche l’espulsione dall’università di Vincennes. Erano gli anni del ’68 e la grande rivoluzione culturale confondeva tutte le cose collocando la filosofa belga in modo indiscriminato tra le truppe genericamente femministe quasi una discendente delle suffragette quando essa era il loro contrario.

Si cominciò solo allora negli ambienti culturalmente più raffinati (v. per esempio Luisa Muraro) a distinguere due forme di femminismo, il primo paritario e dei diritti, il secondo “di differenza”. Il femminismo paritario è integrazionista e afferma che non vi è differenza, sul piano dei diritti, tra uomo e donna: si è partiti, in occidente, dai diritti civili ed elettorali per arrivare a diritti sostanziali e di fatto nella gestione del potere democratico ed economico. I risultati raggiunti sono molto importanti, forse non definitivi, ma, per esempio sul piano politico, attraverso il sistema delle quote rosa si è raggiunta un’integrazione pressochè completa.

Il femminismo “di differenza” invece afferma appunto una differenza sostanziale, costante, e da preservare tra i due generi opponendosi alla teoria freudiana “dell’invidia del pene” cioè alla rappresentazione della donna come soggetto imperfetto in quanto privo degli attributi del maschio, con quanto ne segue anche sotto il profilo dell’esperienza erotica e tutto il resto nel quale non mi addentro non per carenza di spazio ma per carenza di mia preparazione. Basti pensare che queste teorie della nostra Irigaray vengono a coincidere in qualche caso perfettamente con le teorie del più truce maschilismo per esempio quella che le donne non possono fare i giudici perchè durante il periodo premestruale potrebbero avere un equilibrio psicologico turbato. Dico per dire perchè molti anni fa ho sentito con le mie orecchie questa tesi da un vecchio magistrato.

Naturalmente in Italia i problemi posti dalla filosofa belga non sono mai stati seriamente esaminati e le numerose signore che guidano il Paese dagli scranni del parlamento ricevono talvolta insulti sanguinosi dai leghisti i quali naturalmente non hanno mai letto la Irigaray ma con istintività primitiva riprendono volgarmente alcuni suoi ragionamenti.

La Irigaray ha avuto molte lauree ad honorem tutte in letteratura perchè il suo modo di scrivere è affascinante forse meglio e meno noioso di quello di Simone de Beauvoir con cui ha avuto una lunga e acida polemica.

Personalmente non ho e non voglio avere un’opinione sulla materia ma mi piacerebbe che la signora Boldrini la affrontasse senza il piglio lamentoso con cui normalmente si caratterizza e valutasse tutti gli aspetti del problema anche in ordine alle grandi difficoltà dell’immigrazione. In quanto alla signora Boschi essa rappresenta chiaramente un caso di femminismo integrato che si connette a una visione futura nel quale scompariranno le differenze dei sessi, non la vita sessuale speriamo, e “il genere” non avrà più che un significato puramente statistico.

Il tempo trascorre, non sereno, per noi legati a schemi tradizionali e quasi turbati dall’analisi in bello stile letterario della signora Irigaray: “Donne, donne eterni dei” (Lehàr, La vedova allegra).