Banchiere di provinciaA sparare nel mucchio qualche vittima (innocente) ci scappa

Ha scritto qualcuno che da generalizzazione a pregiudizio il confine è sottile. Per questo se c’è una cosa che non serve in questo momento, se si parla di banche, è montare la panna del malcontento...

Ha scritto qualcuno che da generalizzazione a pregiudizio il confine è sottile. Per questo se c’è una cosa che non serve in questo momento, se si parla di banche, è montare la panna del malcontento e della rabbia sparando nel mucchio. E per questo mi sembra opportuno tornare sull’intervento fatto sulle colonne del Corriere della Sera in agosto dal presidente di Federcasse Alessandro Azzi, in risposta a un lungo articolo di Ernesto Galli della Loggia ( che leggo sempre e che da sempre apprezzo per la lucidità di analisi) dal titolo eloquente: “ Quei notabili locali tra soldi e potere” – il caso delle banche locali.

Per questo se c’è una cosa che non serve in questo momento, se si parla di banche, è montare la panna del malcontento e della rabbia sparando nel mucchio

L’editorialista sostiene che la crisi di molti istituti di credito non sia un fatto meramente economico, ma un capitolo di storia sociale del Paese, “la storia di gruppi di comando locali installatisi alla testa degli istituti, in sostanza, si perpetuano cooptando via via i propri membri (…) in genere formati da qualche imprenditore non sempre brillantissimo, da qualche nome più o meno “illustre”, tratto perlopiù dal ceto possidente tradizionale , da un pugno di professionisti affermati con vasti giri di contatti e agganci (…)” e via di luoghi comuni. Questo capitolo di storia locale –secondo Galli della Loggia– svela che cosa sia realmente “l’Italia dei tanto esaltati territori”. Sarebbe un falso negare che negli ambiti locali si annidi del marcio, ma è assurdo e pericoloso elevarlo a legge.

le banche di territorio, dal 2007 al 2014, hanno accresciuto le quote di mercato nel credito a imprese e famiglie, hanno applicato in media tassi più bassi e hanno mostrato un vantaggio informativo nei confronti delle piccole imprese.

La risposta del presidente Azzi si articola in cinque punti. Si parte con il concetto di banca locale: sei locale se hai sede a Siena ma sei quotato in borsa? Si passa a un analogo ragionamento sui colossi bancari: alla luce della multa di 36 milioni di dollari comminata a un big dell’investment banking, dobbiamo concludere che tutte le banche grandi siano inaffidabili? Azzi riflette, poi, sui dati di Banca d’Italia; le banche di territorio, dal 2007 al 2014, hanno accresciuto le quote di mercato nel credito a imprese e famiglie, hanno applicato in media tassi più bassi e hanno mostrato un vantaggio informativo nei confronti delle piccole imprese. Azzi precisa anche che le crisi di una mezza dozzina delle oltre 300 BCC sono state tutte risolte all’interno del sistema senza oneri per i risparmiatori. Da ultimo sottolinea come negli USA, la patria del libero mercato, il ruolo delle piccole banche locali sia riconosciuto nei fatti, sebbene il loro peso sulla ricchezza prodotta sia inferiore a quanto accade in Europa. La crisi italiana, credo sia evidente a tutti, non ha natura esclusivamente economica: attribuirlo, poi, al mondo bancario come poco lusinghiera esclusiva è profondamente sbagliato. Insomma, la radice del problema non sta scritto sulla carta d’identità di un istituto bancario (dimensione, forma giuridica o sede), ma nelle persone che lo gestiscono. Evidenza banale? Ne sono convinto, ma ribadire concetti di buon senso è doveroso alla luce di certe posizioni di importanti opinion maker come Galli della Loggia. Cui mi permetto di ricordare la frase di Hufeland, un grande medico tedesco: “Il medico deve generalizzare la malattia e individualizzare il paziente”.

Ps. E notizia dell’altro ieri che la Federal Reserve ha chiesto 14 miliardi di dollari alla Deutsche Bank per chiudere la vertenza sui mutui subprime…a proposito di “ Quei notabili locali tra soldi e potere”

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