L’esito del referendum costituzionale è ancora appeso, difficile pronosticare credibilmente il risultato. Tuttavia, alcune cose le possiamo già notare.
La prima e più mastodontica, che si accompagna alla rinnovata presenza televisiva di Matteo Renzi, è la sparizione di Maria Elena Boschi. Dopo lo scandalo banca Etruria, la ‘donna forte’ dell’esecutivo, il solo altro componente del governo che godesse di popolarità e spendibilità mediatica, è stata riposta in un cassetto.
Filippo Sensi deve aver convenuto con il premier che, per quanto ancora popolare e apprezzata, il ministro Boschi non godesse più delle stimmate di quella verginità politica che le consentivano di uscire a testa alta da talk show e convegni, anche grazie al ben dosato mix di carattere (giusto a metà tra una «Candida Minnie» e una più avvenente Maria Eletta Martini).
Il secondo elemento da osservare dopo il confronto tv da Enrico Mentana di ieri sera tra Renzi e il presidente emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelski, è che se va avanti così la competizione tra alfieri del Sì e del No, beh le quotazioni del No sono in caduta libera.
Ieri è stato il trionfo di Renzi e delle ragioni del Sì. Il premier non è stato solo ‘furbetto’ nel modo con cui ha approcciato e trattato per tutta la trasmissione il costituzionalista. Ha anche piazzato solide argomentazioni, anche giurisprudenzialmente ben esposte, a sostegno della propria tesi. Infine, come fa il torero al termine della corrida, ha abbattuto il povero Zagrebelski dicendo che «siamo tutti e due di sinistra, ma io preferisco la sinistra che vince, giacché quella che perde l’abbiamo già vista».
Renzi avrà ragione dei confronti tv fino a quando non troverà un avversario all’altezza. E siccome il fronte del No è ampio ma frastagliato e all’interno poco convinto, sarà molto difficile che qualcuno possa avere la meglio sul leader del Pd in un confronto 1 contro 1.
Ecco quindi il terzo elemento. Se Renzi è assai lontano dal godere del sostegno politico del 51% degli italiani, i suoi avversari sono infatti messi assai peggio di loro. L’unico che potrebbe sfidarlo e risultando convincente nei confronti di una parte significativa dell’elettorato è Stefano Parisi, che già nel ballottaggio di Milano ha dimostrato questa capacità di interlocuzione trasversale. Con gli altri, il corpaccione elettorale potenzialmente attestato sul No, ad ogni trasmissione tv finisce coll’essere inevitabilmente quanto meno tentato dalle ‘buone ragioni’ di Renzi, rispetto a quelle esposte da un avversario che l’elettore del No nella quasi totalità dei casi vede come altro da sé. Alcuni esempi? L’elettore di Forza Italia o della Lega che ascolti, come ieri sera, Zagrebelski, o anche Marco Travaglio, l’elettore grillino che senta esporre le ragioni del No a Renato Brunetta e Pierluigi Bersani, e via di seguito.
La storia – non solo politica – è piena di grandi eserciti che si condannano alla sconfitta, dall’Invincibile Armada alla Gioiosa macchina da guerra. Gli italiani potrebbero insomma trovare rancida la macedonia composta da Luigi Di Maio e Giovanni Toti, Marco Travaglio e Matteo Salvini, Giorgia Meloni e Gustavo Zagrebelski, Pierluigi Bersani e Ignazio La Russa, Renato Brunetta e Alessandro Di Battista.