LogosIl voto in crisi

Le settimane appena trascorse sono state caratterizzate da un’intensa attenzione riservata alle elezioni presidenziali statunitensi. Televisioni, giornali e social network hanno costantemente dato ...

Le settimane appena trascorse sono state caratterizzate da un’intensa attenzione riservata alle elezioni presidenziali statunitensi. Televisioni, giornali e social network hanno costantemente dato spazio, con frequenza addirittura assillante, ad una miriade di contenuti relativi al bizzarro Donald Trump e alla sua stagionata rivale, Hillary Clinton. Il voto democratico, insomma, inteso come massima espressione della volontà comune, ha (ri)scoperto una particolare enfasi, oggetto preferito di una puntigliosa attenzione, alimentata altresì da ansie, simpatie e aspettative di ogni tipo.

Ciò ovviamente può non apparire come una novità. In una democrazia che vanta di definirsi consolidata è, difatti, assai risaputo che il voto popolare va a costituire la fonte primaria da cui scaturiscono le scelte e le direzioni da intraprendere e perseguire. Tuttavia, proprio alla stregua delle consultazioni americane, c’è chi scioccamente ha reagito alla vittoria dell’outsider Trump negando lo stesso valore sacro ed inviolabile del voto popolare, accusando e rimproverando la manifestazione di una simile scelta, pur legittima e rispettosa delle logiche elettorali che da decenni serenamente identificano il presidente a stelle e strisce.

Queste voci stupidamente polemiche quasi dimenticano di interpretare il voto democratico come la volontà generale, ovvero complessiva di una comunità politica per definizione non statica, bensì attraversata da emozioni, sentimenti, idee e necessità mutevoli nel tempo. Esso infatti rispecchia nient’altro che una chiara scelta di campo, frutto di circostanze ed esigenze proprie di un preciso momento storico e di un altrettanto preciso popolo sovrano. Rabbia, speranza, rassegnazione, imbarazzo si mescolano e si nascondono dietro quell’apparente banale disegno tracciato in corrispondenza di un simbolo o di un nome.

Ciò detto, il voto democratico richiede soprattutto oggi un certo grado di conoscenza e di sapere da parte di chi lo esercita direttamente, vista la complessità e la serietà dei temi su cui si è chiamati a scegliere. Purtroppo, però, tendenza assai diffusa è oramai quella d recarsi alle urne senza una pur minima preparazione e consapevolezza circa l’oggetto o i soggetti che si desidera sostenere.
Ancor peggio, molto spesso accade che molti cittadini-elettori si rifiutino di godere del proprio diritto di voto, il quale rimane quindi nient’altro che la vittima preferita di un sempre più preoccupante disincanto dei cittadini dalla vita politica. Quel che si viene a creare, in sostanza, è un vero e proprio deficit di sapere e di consapevolezza dello strumento democratico per eccellenza, reale conseguenza di una inadeguata formazione e, più in generale, di una vera crisi culturale che non considera più il voto come la suprema, saggia, bella volontà del demos.
Fra qualche settimana, fra l’altro, i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per esprimere il loro parere circa la riforma costituzionale proposta ed elaborata dal governo Renzi.

Trattasi di un passaggio tanto importante, quanto delicato, che tuttavia trascina con sé tutta una serie di falsità ed assurdità, divulgate da una parte e dall’altra, al fine di garantire la vittoria del sì o del no. Ma proprio quelle imbarazzanti conclusioni, unite a quelle fantasiose ipotesi di scenari apocalittici per nulla degne di nota, non fanno altro che alimentare quel deficit di conoscenza pura, assai necessaria per esprimere il voto.

Specialmente in questo caso, la scelta deve essere effettuata alla stregua del contenuto della riforma stessa e non, invece, alla luce di parole ansiogene e pericolosamente minacciose di partitini o partitoni che inutilmente creano confusione, elemosinando consensi. Il popolo è chiamato a pronunciarsi sulla sostanza del potenziale cambiamento, non a favore o contro le etichette che lo sostengono o disapprovano. Solo così acquista di fatto validità ed autenticità il volere popolare e la sua conseguente sovranità.

È assai auspicabile, dunque, che il singolo cittadino eserciti il proprio diritto di voto secondo ragione, illuminato da capacità critica personale, in grado cioè di manifestare un voto sano, coerente, consapevole, esclusivamente frutto di sapere e non di dicerie o di disgustosa propaganda. Se così non fosse, il destino è che un triste spettacolo di marionette avrà sicuramente e tragicamente inizio.

Loris Guzzetti

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