Nel declino inarrestabile di Roma, che precipita all’ 88º posto della classifica annuale sulla Qualità della vita curata da Italia Oggi e dall’Università La Sapienza, c’è almeno una cosa che funziona: le istituzioni musicali. A Roma si fa grande musica e si vedono bellissimi spettacoli. Merito dei due “gioielli della corona” che danno lustro alla vita culturale della città: l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il Teatro dell’Opera. Se, come diceva Dostoevskij, la bellezza salverà il mondo, forse la musica salverà Roma.
Domenica 27 novembre la stagione del Teatro dell’Opera si è aperta con un bellissimo Tristan und Isolde. Sul podio, Daniele Gatti. Grande cast. Regia convincente di Pierre Audi, tutta al servizio della sublime musica di Wagner. Serata memorabile, grandi emozioni, orchestra tirata a lucido dal lavoro meticoloso di Gatti, che a questo punto potrebbe rendere più stabile il suo rapporto con l’Opera di Roma, dato che è vacante il ruolo di direttore musicale.
A ottobre la stagione dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia si era aperta con l’esecuzione in forma di concerto del Fidelio, il capolavoro operistico di Ludwig van Beethoven. Un altro bellissimo spettacolo, anche senza le scene. Le esecuzioni in forma di concerto esaltano una volta di più la straordinaria orchestra ceciliana, portata a livelli eccelsi da Antonio Pappano, suo direttore musicale da oltre un decennio. Chi c’era, poi, ricorda ancora con emozione l’Aida del 27 febbraio 2015, eseguita con un cast stellare, registrata al Parco della Musica per un Cd dalla Warner Classics e divenuta ormai una incisione di riferimento del capolavoro verdiamo.
Ma al di là delle “prime” e delle serate evento, ormai l’Accademia Nazionale di Santa Cecilia e il Teatro dell’Opera garantiscono concerti e spettacoli di alto livello nel corso dell’intera stagione. La qualità del lavoro ben fatto si giudica proprio nella continuità dell’offerta. Il merito è anche degli uomini che tengono le redini delle due principali istituzioni musicale romane: Michele Dall’Ongaro e Carlo Fuortes. Dall’Ongaro, che ha raccolto il testimone da Bruno Cagli, ha avuto il lavoro più facile. Il compositore e musicologo romano ha infatti trovato un’Accademia già in grande forma, affidata a un direttore musicale capace ed amato come Antonio Pappano. Dall’Ongaro è un vulcano di idee e l’intesa con Pappano è forte. Il maestro nominato Baronetto dalla Regina, pochi giorni fa ha accdttato il rinnovo del suo incarico fino al 2021.
Più arduo il compito di Fuortes, che ha preso in mano la gestione del Teatro dell’Opera in un momento difficile, segnato da turbolenze sindacali. Ricordiamo gli scioperi all’ultimo momento degli orchestrali (nella stagione estiva del 2014 alle Terme di Caracalla ci toccò vedere una Bohème accompagnata solo dal pianoforte), gli spettacoli appesi a un filo, l’addio polemico di Riccardo Muti. Nel giro di un paio di anni Fuortes ha ribaltato la situazione ridando lustro al Teatro romano. Importanti critici scrivevano che al posto del Teatro Costanzi sarebbe stato meglio costruire un parcheggio. Ora gli stessi critici vengono al Costanzi e e applaudono convinti spettacoli di altissimo livello, come il Tristan und Isolde appena andato in scena.
Va aggiunto che a Roma gli appassionati di buona musica trovano sempre dei punti di riferimento sicuri anche in altri eventi. Come i concerti di grande qualità della IUC (Istituzione Universitaria dei Concerti), che celebrano quest’anno la 72a edizione, e quelli dell’Oratorio del Gonfalone (è in corso la 65a edizione). Si parla da tempo, inoltre, del possibile avvio di una stagione di concerti della Cappella Musicale Pontificia (il coro del papa) all’interno della Cappella Sistina. Il coro diretto dal maestro Massimo Palombella è migliorato sensibilmente negli ultimi anni e i cd incisi dalla Deutsche Grammophon all’interno della Cappella Sistina (l’ultimo è dedicato a Pierluigi da Palestrina) sono apprezzati dal pubblico e dalla critica. Lo scorso 9 novembre, inoltre, il Coro della Cappella Sistina si è esibito per la prima volta al Parco della Musica, per la stagione da camera dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia. Un segno che le istituzioni musicali romane dialogano, si incontrano, non stanno chiuse nei loro recinti. E questo è un bene per tutta la città.
Chi non esce dai recinti, invece, è la politica. I politici, si sa, è più facile vederli in tribuna vip allo stadio Olimpico o nel salotto televisivo di qualche talk show. A parte lodevoli eccezioni (Sergio Cofferati quando dirigeva la Cgil a Roma, Giorgio Napolitano, Gianni Letta, Pier Carlo Padoan, Luigi Zanda), a Roma i politici sfuggono i concerti come la peste. Certo, non si pretende di avere un primo ministro in grado di incidere in disco i Concerti per pianoforte e orchestra di Bach, Mozart e Beethoven (come fece il Cancelliere tedesco Helmut Schmidt per la Emi e la Deutsche Grammophon), ma un po’ più di rispetto e di attenzione sarebbero graditi.
Invece domenica 27, alla prima del Tristan und Isolde, la sindaca Virginia Raggi, che al Teatro dell’Opera sarebbe la padrona di casa, è apparsa prima dello spettacolo per un rapido saluto agli ospiti, poi ha tagliato la corda per non meglio precisati impegni. Troppo lunghe da digerire, per lei, le cinque ore del sublime Wagner. Forse la Raggi preferisce Bach. Toccata e fuga.
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