SkypeEuropaStoria di una riforma applaudita

La storia di questo referendum costituzionale è la storia di una riforma ispirata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di un Parlamento, l'attuale, semi umiliato dal primo all'ultim...

La storia di questo referendum costituzionale è la storia di una riforma ispirata dal Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano e di un Parlamento, l’attuale, semi umiliato dal primo all’ultimo deputato ( 5stelle o PD, leghista o di FI).

Correva l’anno 2013, il Partito Democratico era arrivato primo alle elezioni di febbraio e si trovava con la maggioranza alla Camera dei Deputati. Non al Senato, dove si votava (e si vota) sopra i 25 anni e dove c’è un’altra legge elettorale su “base regionale”, come prevede la Costituzione del 1948. Due Camere, due elettorati, due leggi e come quasi sempre è accaduto negli ultimi 20 anni due maggioranze differenti.

Non essendoci numeri sufficienti per governare autonomamente iniziò uno dei momenti cruciali della legislatura: il confronto in diretta streaming tra Pierluigi Bersani e due neo parlamentari grillini (Crimi e Taverna). Tutti sanno come finì la prima contrattazione online della storia (per molti una vera umiliazione di chi cercava di formare un governo e un programma condiviso, e chi avendo già deciso di NO puntava solo alla visibilità).

Dopo il NO del partito di Beppe Grillo a costruire un’alleanza per un governo PD-M5S le consultazioni proseguirono alla ricerca di una nuova maggioranza e di un nuovo governo. Il tutto mentre i partiti politici erano incapaci di trovare un accordo sul sostituto di Giorgio Napolitano (eppure siamo 60 milioni!).

Fuori dal Parlamento (letteralmente bloccato) la crisi economica, conseguente alla crisi di fiducia verso il paese Italia, continuava a stazionare nelle case degli italiani e lo spread, questo strano indice economico, salendo marcava ogni giorno la sfiducia dei mercati finanziari (a cui volendo o no, con il debito pubblico più grande dell’UE, 135%, siamo legati). Le banche, seriamente spaventate, avevano chiuso ancora più il rubinetto di prestiti e mutui, i fallimenti erano in crescita e la crisi economica del paese era il primo pensiero di molti italiani.

Sembra passata una vita, un po’ per colpa della tecnologia che ci rende ormai incollati al presente, un po’ per la cattiva memoria di alcuni italiani. Eppure parliamo dell’inverno 2013, subito dopo la cura Monti-Fornero.

È in questo quadro che per la prima volta nella storia della Repubblica un Presidente uscente viene rieletto. E dal discorso di Giorgio Napolitano (88 anni), discorso nel quale viene subissato da applausi di ogni colore politico (tranne i 5 Stelle), nasce la richiesta al Parlamento di riformare una volta per tutte la seconda parte della Costituzione. Che tradotto significa basta con due Camere con lo stesso identico potere (unico caso in Europa).

Ricordare questo passaggio è importante. Come è importante ricordare quelli successivi: l’esperienza dei “35 saggi” chiamati da Napolitano a scrivere la prima bozza di riforma. La nascita del governo Letta, sostenuto da PD-NCD-FI-SceltaCivica, e nel settembre 2013 l’esposizione delle prime linee guida di una bozza di Riforma da parte di quegli esperti della materia costituzionale. E poi, il Patto del Nazareno tra Berlusconi e Renzi, la defenestrazione di Enrico Letta, l’elezione di Sergio Mattarella e la conseguente fine del patto del Nazareno, lasciando al governo la maggioranza composta da PD-NCD e un pugno di deputati facenti capo a Denis Verdini.

Dopo 2 anni di lavori, 173 sedute parlamentari, oltre a quelle in Commissione, modifiche, tagli e aggiunte, il 4 dicembre 2016 vedremo se saranno ancora applausi per Giorgio Napolitano.

A complicarla ci si è messo Matteo Renzi con quella frase del maggio scorso, “se perdo vado a casa”, che ha dato il via ad una campagna referendaria dai toni fortissimi e sulla quale il variegato fronte del NO ha marciato molto.

A questo punto, nel caso vinca il SI si arriverà a fine legislatura, prevista nel 2018. Nel caso contrario spetterà al fronte del NO (Grillo, Salvini, Berlusconi…) cercare una nuova coalizione in parlamento capace di rendere il paese governabile da chiunque vinca le elezioni. In questo secondo caso, c’è anche un’altra ipotesi, quella che veramente spaventa i mercati. Andare subito a elezioni anticipate (ipotesi realistica) con questo antiquato e frustrante sistema e con il rischio di ritrovarci a marzo o a aprile ancora una volta con 2 Camere, 2 elettorati, 2 leggi elettorali e nessuna maggioranza.

Ancora pochi giorni.

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