Un tempo la Lega Nord veniva identificata come quel movimento politico nel cui statuto si poteva leggere “La finalità è il conseguimento dell’indipendenza della Padania e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica Federale indipendente e sovrana”. Una “mission” molto chiara, almeno negli intenti dei padri fondatori, che trovava la massima espressione elettorale verso le competizioni politiche locali. Oltre il Po, insomma, non interessava più di tanto.
Un posizionamento politico relativamente semplice da comunicare, promosso prima sui manifesti nelle grandi città del nord. Ve li ricordate? Dicevano (in milanese): “Mai mollare tieni duro, contro Roma ladrona”, oppure “Sveglia piemontese! La gallina dalle uova d’oro regala tutto al Sud” fino a “4 Milioni di statali: basta Roma”. Insomma, non proprio una serenata d’amore verso il paese tutto. Poi sono arrivati i social, le inforgrafiche, i forestali calabresi contro quelli canadesi, la forbice gigante che tagliava le tasse, i grafici dei costi del Sud rispetto agli avanzi di bilancio del Nord…Fino ad un giorno, fino a quando Matteo Salvini, il più carismatico tra i leader della Lega Nord, nonché forse il più ambizioso, ha scelto di cambiare rotta. E’ normale, succede nelle aziende, quando cambia il CEO, e succede nei partiti quando cambia il segretario. Salvini, al contrario di Bossi, non ha nascosto, almeno nell’ultimo anno, ambizioni di tipo nazionale.
Ve li ricordate i manifesti della Lega Nord? Dicevano (in milanese): “Mai mollare tieni duro, contro Roma ladrona”,
Ma tra fare il leader di un partito del Nord, e diventare il leader di tutta l’Italia, c’è di mezzo tutto quello che è stato detto fino ad ora dalla Lega. E per questo, legittimo, motivo, Matteo Salvini ha ormai abbandonato da tempo i temi che lo legavano al Nord, concentrandosi quasi esclusivamente sul tema sicurezza, che ha invece un respiro nazionale. Ma c’è un altro partito che compete a livello locale e nazionale, e che da molti più anni, sotto altri nomi, cavalca i temi della sicurezza, della sovranità, dell’italianità, ed è, ovviamente, Fratelli d’Italia.
Risulta quindi interessante analizzare la comunicazione social di Matteo Salvini e confrontarla con quella della leader di Fratelli d’Italia Giorgia Meloni.
I dati non lasciano dubbi: a parte qualche leggera differenza su temi molto specifici, ormai Matteo Salvini e Giorgia Meloni dicono esattamente le stesse cose. Non si tratta di parlare degli stessi temi, ma di pubblicare praticamente gli stessi articoli, gli stessi messaggi, gli stessi contenuti e persino le stesse battute. E così si scopre che negli ultimi 30 giorni, i due giovani leader hanno parlato, nella stessa misura, di tradizioni, di sovranità monetaria. Si sono schierati allo stesso modo e con la stessa intensità contro l’Unione Europea, hanno celebrato Putin e Trump e ribadito il loro no all’immigrazione incontrollata e ai pericoli dell’Islam. Con ben poche differenze. Addirittura Matteo Salvini ha dedicato un piccolo (ma significativo) numero di post al Sud, complice la sua visita a Palermo, mentre di Sud non ha parlato mai Giorgia Meloni, che si è però concentrata su Roma e sulle dinamiche del Partito.
Curioso infine il numero di post “contro” esponenti del Movimento 5 Stelle. Non moltissimi, ma in numero praticamente identico. Si tratta quindi, perlopiù, di temi nazionali anche per Salvini. Gli stessi dati non si ripetono, però, tra i colleghi di partito di Salvini insediati a livello locale. La cosiddetta “base” della Lega Nord, fatta da sindaci, consiglieri regionali e amministratori locali, sembra rimanere più legata ai temi cari al Nord. Il vicepresidente del Consiglio Regionale della Lombardia Fabrizio Cecchetti sta conducendo, da tempo, una battaglia per il referendum sull’indipendenza della Lombardia, eppure Matteo Salvini ne parla raramente. Questo orientamento è assolutamente comprensibile, viste le ambizioni nazionali del segretario, ma se la Lega Nord sta tendendo ad una nuova identità, influenzata dall’alleato, lo stesso non si può dire di Fratelli d’Italia, che dal partito che fu di Bossi, non sembra voler prendere proprio nulla. E per non lasciare alcun dubbio, solo alcuni giorni fa, Giorgia Meloni si è scagliata furiosamente contro gli indipendentisti dell’SHB che vorrebbero appendere a Roma mille manifesti con la scritta “Il Sudtirolo non è Italia”. Inaccettabile per la Meloni “offendere il tricolore”.
Insomma, se normalmente nelle fusioni di aziende è consuetudine, anche per efficienza, raccogliere le eredità di entrambe le parti, in questo caso l’incontro tra i due partiti sembra rivelare una forza ideologica molto più preponderante dell’altra.
Una strategia che lascia aperti molti interrogativi. Matteo Salvini e Giorgia Meloni fonderanno i partiti? E’ possibile pensare di abbandonare i temi del federalismo fiscale, della secessione (prevista da statuto) e lasciarli senza alcun erede politico? Oppure la Lega Nord si aprirà due strade, e due comunicazioni, una legata al territorio e una nazionale? Lo scopriremo, probabilmente, alle prossime elezioni politiche.
Pubblicato anche su L’Opinione