Beirut in bianco e nero

Beirut celebra ancora una volta l’arte del fumetto e dell’illustrazione con una giornata di incontri e una mostra organizzate dalla Mu'taz and Rada Sawwaf Arabic Comics Initiative il 28 febbraio al...

Beirut celebra ancora una volta l’arte del fumetto e dell’illustrazione con una giornata di incontri e una mostra organizzate dalla Mu’taz and Rada Sawwaf Arabic Comics Initiative il 28 febbraio alla AUB . E per questo blog è un’occasione per tornare a parlare di questa produzione narrativa che ha fortuna – anche se con qualche brutta battuta d’arresto dovuta ad una censura ancora non proprio al passo con i tempi – anche nel mondo arabo. Soprattutto grazie ad iniziative come Samandal, almanacco annuale del fumetto in Medio Oriente e Nord Africa (e non solo) in lingua araba, francese e inglese, che proprio a Beirut è nato, una città per niente bloccata nel passato.

E a Beirut è ambientata anche una delle graphic novel realizzata in Medio Oriente piu’ belle e influenti degli ultimi anni. E’ un romanzo a fumetti fondamentale, che è stato pubblicato in francese in versione completa, cioè prima e seconda parte in un solo volume, circa tre mesi fa, dai tipi di Denoël Graphic. Si tratta di Ville avoisinant la Terre del libanese Jorj Abou Mhaya (l’originale è in arabo e si intitola Madina Moujawira lil Ard).

Lo stile e la narrativa grafica di questo volume dalla copertina rigida saltano all’occhio sin dalle prime pagine. Veniamo catapultati in una città affollata, che scopriamo subito essere Beirut, ma che ai nostri occhi forse assomiglia di piu’ alla misteriosa e mistica Gotham City di DC Comics. Quella di Mhaya è un agglomerato urbano fatto di vicoli ciechi, insegne commerciali in inglese ed arabo, e fasci di cavi elettrici sospesi sopra ai palazzi equipaggiati con ampi terrazzi e antenne satellitari, e dove, ad un certo punto, spunta una specie di Batman con il panzone che pero’ è un supereroe cattivo.

Il nostro “eroe”, a Beirut, è un altro: si chiama Farid Tawil ed è un impiegato che torna a casa in autobus alla fine di una lunga giornata di lavoro. Il problema è che l’immobile dove abita non è piu’ al suo posto. E’ sparito, insieme alla sua famiglia! Piomba la notte sulla città, e su Farid che si chiede in che razza di incubo sia finito. Farid si rifugia subito a casa di un amico, poi riprende a vagare nella città dove incontra l’uomo vestito da Batman, che lo minaccia con una pistola, e poi un poliziotto, e altri personaggi ancora. C’è pure una prostituta che gli spiega che il sesso aiuta a lottare contro l’ansia nei periodi di guerra. La paura della morte, dice lei, spinge verso la procreazione. Ma la guerra civile (libanese) è finita, si legge a pagina… ( ooops, le pagine di questo fumetto non sono numerate). Eppure è come se il suo fantasma fosse ancora vivo nei personaggi. La notte di Farid non è soltanto una metafora dell’alienazione in un periodo di guerra e pace. E’ un ritratto cupo di Beirut e di tutte le sue follie.

Di questa graphic novel colpisce senz’altro la sensibilità con cui il suo autore ha realizzato e usato le mille sfumature del bianco e del nero. Mhaya è un artista che impiega un tipo di inchiostro (black China) diluito con l’acqua per produrre infinite tonalità di grigio capaci di creare delle immagini profonde. Immagini che descrivono bene non solo le sfumature della pelle (a volte di corpi completamente nudi) ma anche lo stato d’animo dei personaggi. Si tratta di una tecnica di disegno su carta che richiede un lungo periodo di lavorazione e infatti ci sono voluti circa tre anni prima che la prima parte di questo volume fosse terminata. La seconda parte è stata invece realizzata durante una residenza di alcuni mesi alla Maison des Auteurs d’Angoulême e deve ancora uscire in arabo.

Lo stesso autore ha dichiarato in un’intervista alla stampa libanese di essersi ispirato alle foto di Beirut in bianco e nero, scattate con poca luce, pubblicate sui giornali durante gli anni ‘70’ ed ‘80, quelli della guerra civile in Libano. Mhaya si è nutrito intellettualmente di fumetti da quando era un ragazzino. Nella sua biografia c’è scritto anche che è nato a Beirut durante la guerra civile, e prima di occuparsi di vignette e illustrazioni per diversi giornali e agenzie di pubblicità a Beirut e in Medio Oriente, Mhaya è stato un pittore. Io l’ho conosciuto ad Algeri, nel 2012, quando l’annuale festival internazionale del fumetto ha premiato proprio il suo Madina Moujawira lil Ard, di cui era stata pubblicata ancora solo una prima parte, e in arabo, dai tipi libanesi di Dar Onboz.

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