Il re dell’Arabia Saudita è atterrato a Giacarta con un bagaglio da 459 tonnellate e 1500 persone di entuorage. Tra gli scopi della missione in Indonesia c’è quello di trovare un accordo per implementare la produzione del più grande complesso di raffinazione del Paese. In Malesia, seconda tappa del tour asiatico che comprende anche Brunei, Giappone, Cina e Maldive, il colosso Saudi Aramco ha annunciato l’intenzione di investire fino a 6 miliardi di dollari per realizzare una raffineria insieme alla compagnia di stato malese Petronas. L’accordo vincola i malesi ad acquistare fino al 70% del greggio necessario all’impianto.
L’energia è ovviamente uno dei dossier al centro della strategia saudita in Estremo Oriente. Fondamentali, in tal senso, i rapporti con i cinesi. Secondo molto analisti i sauditi (Pechino è il maggiore acquirente del petrolio di Rihad) hanno sollecitato una consulenza finanziaria da parte di istituti di credito con forti legami con Pechino al fine di verificare l’eventuale interesse cinese per l’offerta pubblica iniziale di Aramco (secondo gli analisti la capitalizzazione potrebbe arrivare fino a 2mila miliardi, superando anche Apple).
La strategia dei sauditi è quella ampliare la disponibilità di impianti di distribuzione e la capacità di raffinazione per agevolare la vendita del proprio petrolio (contrastando così il trend ribassista della domanda) in Asia che è il mercato dell’energia più dinamico e con la più rapida crescita. Una soluzione già sperimentata negli Stati Uniti, in Giappone e in Corea del Sud.
La corsa al Far East non è un’esclusiva dei sauditi. Anche i russi di Gazprom puntano sui mercati asiatici nel tentativo di creare una valida alternativa all’Europa e hanno cominciato a investire in infrastrutture per lo stoccaggio e la raffinazione così da garantirsi quote di mercato. Il vicepresidente di Gazprom, Alexander Medvedev ha confermato l’obbiettivo di fornire 100 miliardi di metri cubi di gas al mercato cinese. Mossa che per essere realizzata ha bisogno di un ampliamento della capacità del gasdotto siberiano che attualmente ha una capacità di 38 miliardi di metri cubi l’anno. Nel frattempo Mosca scommette anche sull’India dove Rosneft ha rilevato per 10,9 miliardi di dollari Essar Oil, attiva nella raffinazione e distribuzione di carburanti e sull’Indonesia dove è stata siglata una joint venture con la compagnia di stato Pertamina per la costruzione di una nuova raffineria nel Sud-Est del Paese.