Ora, tutti tifiamo qualcuno o qualcosa. Basta vedere anche solo una partita di tennis tra due perfetti sconosciuti in fondo alla classifica Atp: prima o poi, game dopo game, finiamo per prendere le parti di uno dei due contendenti, anche se si tratta di un tennista azero con il nome impronunciabile e destinato all’anonimato. Perciò ecco, figuriamoci se non ci facciamo mancare il tifo per una squadra di pallone, sport che nonostante i numerosi acciacchi resta il più seguito in Italia. In Italia, tutti tifano. E il tifo per una squadra può portare in maniera automatica a odiarne altre (vabbè). Certo, può capitare di tifare una squadra e giocare per un’altra. O di tifare per un club avverso a quello i cui dirigenti sono coinvolti in un’indagine dell’Antimafia. L’indagine è quella che stiamo seguendo tutti, sui presunti rapporti tra la Juventus e membri affiliati alla Ndrangheta: rapporti intessuti per garantire ordine pubblico, in cambio del bagarinaggio sui biglietti dello Stadium.
Ora, tutti tifiamo qualcuno o qualcosa. L’onorevole Marcello Taglialatela tifa per il Napoli. Qualche tempo fa era già finito sulle prime pagine, per una foto che lo ritraeva con un altro onorevole, Ignazio La Russa, noto interista, mentre posano sorridente con la sciarpa “Juve Merda”, anche simpaticamente. Ora, il tema del tifo va sottolineato nel momento in cui vieni chiamato dal programma radiofonico “La Zanzara” e dici cose come “è giusto ogni tanto urlare Juve Merda”, ricoprendo però un ruolo istituzionale: già questo sarebbe deprecabile. Ma Taglialatela va oltre, parlando della solita questione degli arbitri sponsorizzati dalla Fiat e della Juve che ruba, con una argomentazione ferrea: se è già successo, spiega, può risuccedere.
Da questa esibizione radiofonica, emergono due cose. La prima: come si può credere che un membro della Commissione Antimafia possa giudicare con assoluta serenità, se alla base del proprio pensiero c’è un simile approccio? Ma c’è di più. Scrive bene oggi Andrea Monti, direttore della Gazzetta dello Sport: “l’Antimafia non è l’Isola dei famosi. Né può trasformarsi, grazie alla formidabile popolarità del calcio e alla tempesta di passioni suscitata dalla Juve, in un palcoscenico che regala a politici mediocri o fuori corso l’agognato attimo di celebrità”.
Sul tena, è bene risentire altre parole, che hanno fatto doscutere e non poco: ”Sulla vicenda-biglietti, che coinvolge la Juve, non siamo preoccupati: noi dobbiamo occuparci della giustizia sportiva. Però, mi sembra si stia facendo un processo mediatico; occorre che la giustizia ordinaria faccia il proprio corso con la massima serenità. Mi sembra che l’Antimafia stia facendo un processo molto mediatico e questo non fa bene nè al calcio, nè tantomeno all’Italia. Il calcio dà esposizione mediatica e questo è evidentemente in questo momento”. Parole dette non da un altro politico-tifoso, ma da Michele Uva, direttore generale della Federcalcio. Che a suo modo tiferà qualcuno o qualcosa e che, proprio per il ruolo che ricopre, ci ha fatto alzare il sopracciglio. Come? La Federcalcio che accusa l’Antimafia di sovraesposizione?
Eccolo, allora, il vero capolavoro che si cela dietro l’uscita di Tagliatela: l’aver dato ragione a Uva. Ma guarda tu un po’ che ci tocca scrivere.