Alta Fedeltà“Il cuore degli uomini”, Butler e la distruzione del sogno americano

Nelson dorme da solo, nella tenda che lo ospita per la quinta estate consecutiva al campo Chippewa. Le sue medaglie da giovane scout, la bravura nell'accendere il fuoco, la straordinaria abilità co...

Nelson dorme da solo, nella tenda che lo ospita per la quinta estate consecutiva al campo Chippewa. Le sue medaglie da giovane scout, la bravura nell’accendere il fuoco, la straordinaria abilità con cui all’alba suona la sveglia con la tromba non sono il massimo per farsi degli amici, a tredici anni. Solo Jonathan, il ragazzo più popolare della scuola, sembra concedergli stima e attenzione; è l’unico a ricordarsi del suo compleanno, l’unico ad aiutarlo quando i bulli del campo vorrebbero vederlo annegare nella latrina. Nelson e Jonathan non possono ancora saperlo, sul finire di quell’estate del 1962, ma la loro amicizia sopravvivrà al tempo. Ai problemi in famiglia, alla durezza dell’Accademia militare, agli orrori del Vietnam. E più di trent’anni dopo, i due ragazzini del Wisconsin diventati ormai adulti si ritroveranno a discutere di lealtà e ipocrisia, di generosità ed egoismo, delle crepe del matrimonio e dell’abisso della guerra, davanti al figlio di Jonathan, Trevor, e a un numero di bicchieri di whisky di cui non è facile tenere il conto. Di padre in figlio, tre generazioni di uomini dovranno confrontarsi con gli equivoci del proprio coraggio e della propria vigliaccheria. E dinanzi alle sfide della vita, con le sue ambigue domande sul bene e sul male e i suoi falsi eroismi, nell’abbraccio di una natura primitiva e magnifica, sarà una lezione d’amore a illuminare il cammino, come quella lanterna che era l’ultima a spegnersi nella notte del campo Chippewa.

Dopo Shotgun Lovesongs, Nickolas Butler torna nelle nostre librerie con Il cuore degli uomini (Marsilio Romanzi). Ed è nuovamente un tuffo nell’America più dura e struggente, più ruvida e brutale. In testa, mentre gli occhi scorrono veloci le parole al vetriolo dell’autore, è impossibile non sentire il sarcasmo delle liriche di Bob Dylan, il vigore delle storie di Bruce Springsteen ed il dinamismo melanconico dei Mumford & Sons. Il cuore degli uomini attraversa la nostra Storia contemporanea e lo fa scandendo tre periodi ben definiti: i primi anni Sessanta, il 1996, il 2019. Un viaggio nel tempo lacerante che, usando come dimensione narrativa il mondo dello scoutismo, ci racconterà di gerarchie e piramidi sociali, bullismo ed amicizia, ma soprattutto di un’America conservatrice e dal volto ispido, dominata dal Caos tipico di Philip Roth e dalla quasi infatile fiducia nel bello, nonostante le sofferenze, tanto cara a Kent Haruf.

Ed è una costante che ricorre sempre di più nella letteratura: la frattura irrimediabile dell’American Dream. Dimentichiamoci quell’America fatta di stereotipi, certezze e figure eroiche di Sergio Leone, quella favola di celluloide appartiene al mondo della fantasia. Un’illusione raccontataci da piccoli, prima di andare a dormire, che non esiste più, che forse non è mai stata reale. Perché se l’unica forma di riscatto per il nostro “piccolo” Nelson, mai preso sul serio e costantemente bullizzato dalla vita stessa, passa attraverso il Vietnam e gli strascichi di sangue del sonno della ragione, è impossibile pensare esista qualcosa di giusto, qualcosa di bello. Per l’appunto, un sogno americano. E così come per Nelson, il riscatto non vi è per nessun personaggio nella storia di Butler: ognuno vede scorrere la storia con i suoi cambiamenti ed il suo ripetere sempre gli stessi errori, ognuno è prima di tutto vittima di se stesso, delle proprie gabbie. Ognuno è vinto e dominato dalle proprie scelte (sbagliate?).

E le donne? Nonostante Il cuore degli uomini sia il racconto di un’amicizia maschile, è la voce di una donna a fare da fil rouge: Rachel, il personaggio che attraverso le sue radici lega a sé tutti i protagonisti maschili del libro. Una donna commovente e – seppur (apparentemente) ritratta in maniera meno nitida rispetto a Nelson e Jonathan – bellissima. “Donne che fissano il vuoto” sì, ma immense. Donne che, a prescindere da tutto, vivono e sanno vivere e che ti sembra di osservare, assieme a Rachel, “dondolarsi sulla sedia in una stanza assolata” mentre “contemplano la cassetta della posta o si arricciano i capelli bianchi attorno alle dita artritiche“.

Ampio, desolato, scolorito e che lascia senza fiato come un bellissimo paesaggio di Stephen Shore, il romanzo di Butler è una fotografia dell’America che si arricchisce di piccoli particolari ad ogni sguardo e, come tale, non puoi smettere di guardarla, toccarla, cercarne famelico un ulteriore dettaglio. Pochi romanzi sono in grado di aggrapparsi alle nostre riflessioni più profonde con tale violenza e al tempo stesso delicatezza, smuovendo rimpianti e lontane memorie.

Il cuore degli uomini è molto di più.