La notizia più triste, per chi abbia a cuore la Nazione: sta morendo. Nell’ultimo anno sono nati appena 474.000 bambini, meno del precedente minimo storico, toccato l’anno prima, nel 2015, corrispondente a 486.000. Due minimi consecutivi fanno un trend, un downtrend, in questo caso.
Se fosse un titolo di borsa ci sovrapporrei un paio di medie mobili e starei a guardare dove inizierà l’inversione, ma in questo mercato domanda ed offerta non dipendono dal sentiment degli operatori, dal loro umore, bensì da condizioni materiali che, stanti così le cose, non potranno che peggiorare.
Il tasso di natalità per donna è di 1,34, ma se consideri le sole donne italiane è di 1,27, mentre quello delle donne straniere residenti in Italia è di 1,95. Nemmeno loro riescono a raggiungere il tasso di fertilità che consente la costanza della popolazione, il 2,1, che corrisponde esattamente a quello francese, il più alto tasso di natalità d’Europa.
I francesi stettero a guardare la discesa del tasso di fertilità per quasi un trentennio, dagli anni Settanta alla fine degli anni Novanta, ma poi dissero basta ed iniziarono ad adottare politiche a sostegno della famiglia di ogni genere, ovviamente intendendo la famiglia come famiglia di fatto: i francesi quando decidono di guardare in faccia la realtà non li batte nessuno.
Gli spaccapietre lo dipinse Courbet, francese, nel 1848, i pittori nostrani ci arrivarono dieci anni dopo e fecero “la macchia”, che non è la stessa cosa, per via di quella tendenza al lirismo che noi italiani controriformati non abbiamo ancora capito essere null’altro che un segno di vigliaccheria.
Secoli di sottomissione ci hanno fatto guardare i bei paesaggi anziché gli uomini che si spaccano la schiena, e anche se sono il primo a sapere che sto estremizzando, sfido chiunque a dimostrarmi che non è così.
Provate a confrontare il renziano Jobs Act con la Loi travail francese: sono l’opposto. Quello italiano prevede l’annichilimento della rappresentanza sindacale, quello francese pone al centro la contrattazione collettiva aziendale e marginalizza la legge: ce li ricordiamo tutti le centinaia di migliaia di manifestanti nella primavera dello scorso anno per le strade e le piazze dell’Hexagone.
Se non capisci che la ricchezza di una nazione è nei suoi figli, che ci stai a fare sulle poltrone di governo?
In Francia esiste una cosa chiamata “Prestazione di accoglienza al bambino”, che fa arrivare alla famiglia 927,16 euro al momento della nascita e poi, dal quarto mese di gravidanza al terzo anno di età, le elargisce un sostegno di 185 euro al mese. Per chi ha due figli sono previsti assegni familiari per 129 mensili, per chi ne ha tre 296,53, e per chi ha più figli ne sono previste altre 166,55. È solo un esempio, ma dovrebbe far riflettere.
E in Italia che cosa prevedono le politiche familiari? Qualcosa troppo prossimo al nulla.
È stata fatta una classifica sul tema da una fondazione benemerita nazionale, Novae Terrae, che insieme all’Università Cattolica di Milano ha creato un metodo per misurare il grado di sostegno ricevuto dalla famiglia nei vari Paesi. Questo metodo è un indice, che si chiama IGIF (Indice Globale Indipendente sulla Famiglia). Bene, anzi malissimo, siamo risultati al 39esimo posto su 46 paesi valutati.
Ora, vorrei dirvi che se ho fondato un movimento politico è perché io non sopporto più la negazione costante e spietata, criminale dei nostri governanti e delle nostre forze politiche sulla realtà.
Io non ragiono come loro. Procedo al contrario. Io non mi chiedo: vediamo che si può fare con quanto è rimasto ma mi dico: facciamo quel che va fatto e vediamo quanto rimane. Prima quel che va fatto. Prima garantire a tutti i cittadini due cose che nemmeno nei branchi di lupi sono negate: il diritto a competere per la vita e alla riproduzione.
Le politiche familiari sono la prima cosa che va fatta. È evidente. È questo il primo punto del mio programma. Contestualmente all’assicurare a ciascun cittadino un reddito di cittadinanza. Qualcosa in più, per la verità. Non il minimo per la sussistenza bensì il minimo per garantire una forza contrattuale al lavoratore e la sua dignità. Vorrei aprire una tavola rotonda, e lo farò, sul Reddito di base incondizionato o RBI. Credo sia inattuabile ancora per diversi anni a venire.
Ma forse è la chiave di una vera rivoluzione sociale e civile in nome dell’equità sociale.
A presto.