Avete voluto far credere a Parisi di essere un leader malgrado ogni evidenza? Bene, ora beccatevi l’ennesima «nuova forza liberale, con volti credibili, con ricette chiare come il taglio delle tasse, alla spesa pubblica, alla spesa corrente e un piano di investimenti»-
Il ricettone, quello che tutti mi chiedono e io non ho alcuna intenzione di ripetere, non essendo mai stato né un pappagallo né un cultore dell’ovvio.
Il valore di una simile dichiarazione è palesemente zero, sotto ogni punto di vista, ad iniziare da quello politico per finire con quello culturale. È una dichiarazione omologata e omologante, il corrispettivo della globalizzazione, ma questa volta nel mondo delle idee.
Il ricettone lo sanno tutti. È nel programma di tutti. Perché dovreste votare Parisi?
Ora lo dico per l’ennesima volta: quel che trascina gli uomini è l’ideologia, che è una parola bellissima, che è la visione chiara del mondo che si vuole raggiungere e del modo in cui farlo.
A tempo debito, e cioè al tempo delle elezioni, fornirò anch’io una copia – magari un po’ meno imprecisa – delle cose che occorre fare per risanare il paese. Tra l’altro io sono per il taglio della spesa pubblica improduttiva e non della spesa pubblica tout court. Ad ogni modo le idee enunciate da Parisi ci sono, ma non possono essere la carta di identità di un partito.
Vorrei spigarvelo dicendovi la carta d’identità del mio. Iniziamo montalianamente con il dire ciò che Patria Italiana non è: non è internzionalista, non è per la globalizzazione, non è per l’Europa della finanza, non idolatra il libero mercato ed è contro ogni forma di omologazione, nella convinzione che la diversità sia la vera ricchezza di questo mondo. Questo è palese in tutto, ad iniziare dalla biodiversità, perché non dovrebbe esserlo a livello culturale?
Penso che se ti confronti senza una tua identità, senza la valigetta di simboli e convinzioni che ti porti dietro da quando sei nato, il tuo non sarà un confronto ma un annichilimento. Penso anche che intelligenza sia adeguamento e cambiamento, ma anche che entrambe le cose vadano soppesate con una cura infinitamente maggiore di quella che il nostro Occidente fagocitante sta facendo.
Non sopravvalutarti, Occidente, sei al tramonto. Non raccontiamoci che qui sappiamo fare le cose meglio perché è una criminale sciocchezza. È una convinzione errata di cui nessuno ha curiosamente mai evidenziato il carattere razzista. Allora i casi sono due: o ci rassegniamo a perdere integralmente l’attività manifatturiera oppure non facciamo troppo gli schifiltosi e riadottiamo una politica protezionista. Io sono interamente, integralmente, assolutamente per la seconda cosa. Io sono per una reindustrializzazone del Paese.
Non giriamoci intorno. Quello che io sto proponendo si chiama “terza via”, espressione usata dal fascismo degli albori che tende a mediare tra i rispettivi eccessi del capitalismo e del comunismo. Ma io non sono fascista, non sono per l’autoritarismo, sono per la democrazia. Ho letto come i miei lettori di sinistra tutti i libri di Pavese, Fenoglio, Calvino, i fumetti di Linus, ho visto e amato e amo i film di Godard, di Truffaut, dai, non fatemi elencare. Sono come voi. Vi piaccia o no. Ma mi sono tolto le fette di salame dagli occhi e provo sincera empatia verso l’umanità in genere – verso cui nulla posso – e verso i miei connazionali, e di questi tempi specialmente, verso cui fosse qualcosa posso. Ci sto provando.
Di “terza via” parlò e parla anche il politologo britannico Anthony Giddens, che a una domanda su cosa fosse questa la terza via rispose: «Significa avere determinati valori. Promuovere l’eguaglianza, o almeno limitare la diseguaglianza; attivarsi per la solidarietà, non solo dallo Stato verso i cittadini ma anche tra privati, all’interno della propria comunità; proteggere i più vulnerabili, garantendo in particolare un sistema sanitario e altri servizi pubblici essenziali ai bisognosi».
Dicono che l’abbiano tentata Blair, Clinton e Schroeder, ma secondo me hanno tentato il cerchiobottismo, che è un’altra cosa. Io non voglio fare contenti tutti, io voglio che ci sia al mondo maggiore equità.
Se oggi definisco il sistema delle nazioni occidentali più evolute “plutocrazie corrotte e decadenti” lo condividete? È un’espressione rivoluzionaria, usata anche dai primi fascisti, i “sansepolcrini”, ma non devo usarla per questo? Devo autocensurarmi per compiacere chi?
Dirò che non ho modo di cambiare le cose se non rivolgendomi direttamente al popolo e chiedendogli di tornare a credere all’idea che si possa determinare il proprio futuro. Parlo dei popoli e parlo degli individui. Chiedo al popolo, cui mi vanto di appartenere, di tornare a credere che le idee plasmino le cose e non il contrario, e che le idee hanno valore non solo in sé ma anche e forse soprattutto per il valore di chi le professa.
Altrimenti vivremmo in un mondo perfetto, perché nessuna delle idee partorite dai sistemi democratici – a parte i deliri tendenti all’annullamento del genere sessuale – è in sé negativa.
Però non c’è nessuno che le sappia applicare coerentemente e meno che mai in Italia. Aprite le pagine dei giornali. I titoli di apertura sono sulle presunte mazzette al papà di Renzi e non sul fatto che dal 2011 al 2014 il nostro Paese ha perso 194.000 imprese. Capite che c’è qualcosa che culturalmente non va? Io non penso che i media obbediscano agli interessi del pubblico, penso il contrario, che il pubblico obbedisca agli interessi dei media. E dunque non dobbiamo chiedere, dobbiamo pretendere che l’ordine in cui ci vengono date le notizia corrisponda al nostro reale interesse. Dobbiamo pretendere che le notizie siano approfondite. Che chi commenta pur avendo le proprie idee non racconti fandonie.
La democrazia si fonda sull’informazione: se l’informazione è pilotata, che democrazia è?
Non gridate dunque al fascista se arriva qualcuno che mette in dubbio in radice l’idea di democrazia come qualcosa che vede la nostra partecipazione solo al momento del voto. Gaber aveva ragione: «Libertà è partecipazione». Rido di quelli che credono che Gaber fosse di sinistra anzi rido allegando una sua citazione. «Per essere di destra non ho il fisico. Ma alla sinistra contesto le irresolutezze, le promesse mancate, l’incapacità d’imprimere una svolta diversa a una società dominata dal mercato e dal vuoto d’ideali». Dal momento che la prima parte della dichiarazione era una battuta, secondo voi, da che parte stava?
Certo non stava con la destra autoritaria, fintamente elitaria, superomistica, ma con una destra che significa difesa dell’identità, moralità e politiche sociali, secondo voi?
Ma a me poi non interessa minimamente da che pare stesse Gaber, a me interessa che voi capiate che ora avete una possibilità di ripensare ad una politica forte e di autodeterminazione. E che se lo capite, mi diate il vostro consenso.
Infine, perdonatemi una licenza. Solitamente non commento le immagini a corredo del testo. Questa volta lo faccio, perché per me, malgrado non ami le classificazioni, si tratta dell’opera d’arte più bella di sempre: il Perseo di Cellini. Made In Italy. Come me e come voi. Iniziamo ad andarne orgogliosi?
Un abbraccio