SkypeEuropaLe provocazioni di Erdogan e l’Europa

Della continua e costante discesa agli inferi di uno dei paesi più importanti dell'area a cavallo tra Europa e Medio Oriente non si può che essere preoccupati. Recep Erdogan, Presidente della Tur...

Della continua e costante discesa agli inferi di uno dei paesi più importanti dell’area a cavallo tra Europa e Medio Oriente non si può che essere preoccupati. Recep Erdogan, Presidente della Turchia è ormai fuori controllo e la sua ultima scommessa, vincere il referendum che modificherebbe l’assetto istituzionale turco garantendogli di fatto la rielezione a Presidente per altri X anni è diventata una partita aperta, rischosa per il sultano e che in ogni modo non vuole perdere.

Nella rincorsa a questo obiettivo rientra chiaramente la provocazione in questo o quel paese europeo di tensioni organizzate a tavolino dalla propaganda del governo turco. La ricerca del nemico esterno, individuato oggi nel governo fascista olandese o nazista tedesco, è uno di questi stratagemmi. Ecco perché tanto can can per dei prepotenti e irruenti tentativi di organizzare comizi in questo o quel paese dell’Unione.

Solo da questo nascono i farlocchi viaggi in Europa del Ministro degli Esteri turco Cavusoglu per incontrare le comunità immigrate in Germania, Olanda e negli altri paesi con forti presenze di immigrati turchi. Situazioni diplomatiche che in altri tempi sarebbero state facilmente risolte ma che oggi vengono costruite ad arte per fomentare nella popolazione dell’Anatolia (che nei sondaggi ad oggi voterebbe contro la riforma di Erdogan) la paura del nemico esterno. L’ingerenza straniera nei fatti di casa propria. La ricerca di visibilità in ogni modo.

La spregiudicatezza del Presidente ogni giorno si aggiorna di fatti nuovi ed episodi che travalicano la legalità nel proprio paese (si pensi ai tanti giornalisti e parlamentari dell’opposizione oggi in carcere) e sfidano la diplomazia internazionale. In questo caso l’abbattimento dell’aereo russo nei cieli siriani circa due anni fa e il successivo stucchevole riavvicinamento verso Wladimir Putin per le evidenti sorti che la guerra siriana stava prendendo è emblematico del pragmatismo della politica erdoganiana.

È certo che di provocazioni di questo tipo fino al giorno del referendum, 16 aprile, ve ne saranno altre. Forse anche peggiori, dipenderà dall’andamento dei sondaggi su di esso, che per la cronaca non vengono più aggiornati.

Dal punto di vista europeo sono altresì certe due questioni. La prima è che con un simile compagno di viaggio non c’è più molto da attendersi. La Turchia vive una forma di dittatura moderna, 2.0, dove opposizione e mass media vengono resi inefficaci o nel peggiore dei casi neutralizzati. Dunque si apre la questione se sia ancora il caso mantenere aperti canali e rapporti economici con questo moderno despota. Perché ad esempio non chiudere definitivamente visti e progetti di collaborazione con chi è diventato sovrano assoluto uccidendo la fragile democrazia turca?

Secondo, l’atteggiamento violento e aggressivo non farà altro che fomentare e portare acqua a movimenti politici di estrema destra. Tra pochi giorni vedremo se qualche risultato verrà prodotto in Olanda, dove si terranno le elezioni politiche e dove il Partito di destra di Wilders era dato in calo e non più primo partito nelle settimane scorse. Difficile che questi attacchi all’Olanda non portino benefici elettorali per Wilders come per altre forze europee euroscettiche e eurodistruttive.
Erdogan non si fermerà davanti a nulla. Sa che se dovesse perdere il referendum e uscire di scena politicamente le sue protezioni per azioni e misfatti di ogni sorta finirebbero. Dunque giocherà con ogni mezzo. E di fronte a questa sua personale partita l’Europa deve stare molto attenta e iniziare a discutere anche di questo.

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