From Paris with blogPerché Fillon non si ritira dalle presidenziali?

Abbiamo avuto la prova che i politici disonesti (o presunti tali) non esistono solo in Italia. Anzi, di più: abbiamo avuto la prova che anche in Francia, pur avendo il fiato sul collo da parte dell...

Abbiamo avuto la prova che i politici disonesti (o presunti tali) non esistono solo in Italia. Anzi, di più: abbiamo avuto la prova che anche in Francia, pur avendo il fiato sul collo da parte della magistratura, decidono di restare al loro posto, denunciando con fierezza un complotto mediatico-giudiziario nei loro confronti. Vi ricorda qualcuno?

Ecco a voi Monsieur François Fillon, ex Primo ministro sotto la presidenza Sarkozy, trionfatore delle primarie della destra e (ex) favorito alle prossime presidenziali. Finito sotto indagine per aver creato un lavoro fittizio per la moglie (800mila euro di stipendio rubati allo Stato), poi per aver fatto lo stesso con i due figli e infine (?) – notizia fresca fresca – per aver fatto lo stesso con un ennesimo assistente parlamentare, il leader dei Républicains ha dichiarato in conferenza stampa che “andrà fino in fondo” e che non ha nessuna intenzione di abbandonare la corsa all’Eliseo. Una presa di posizione alquanto surreale per un candidato che ha basato la campagna elettorale sull’onestà, la trasparenza e la solidità dei valori cattolici.

Come mai questa scelta così incosciente? Fillon si sta scavando la fossa da solo? Può darsi, ma la sua strategia potrebbe essere vincente. Il leader conservatore, infatti, è un politico vecchio stampo. Lontano anni luce sia da Marine Le Pen (donna anti-sistema), così come dal damerino cresciuto nella bambagia Emmanuel Macron e dal candidato socialista, l’outsider Benoît Hamon, Fillon è l’unico che sembra poter incarnare lo spirito del classico presidenzialismo alla francese, quello che il generale De Gaulle, nel fondare la Quinta Repubblica, definì “monarchia repubblicana”. Eh sì, perché è vero che i francesi hanno tagliato la testa al re, ma è anche vero che – fuori da Parigi – restano pur sempre un popolo di cattolici – vedi le clamorose manifestazioni contro la legge sui matrimoni gay – e, sotto sotto, di nostalgici della monarchia. Un altro pianeta, insomma, rispetto ai politici dei Paesi protestanti, capaci di dimettersi per uno scontrino sospetto o per aver copiato la tesi di laurea.

Da buon uomo di Stato, o presunto tale, Fillon ritiene – forse giustamente – che il futuro Presidente della Repubblica debba mostrare al suo popolo di avere la spina dorsale per affrontare tutte le difficoltà che si frappongono fra lui e il ruolo che è chiamato a rivestire. Cosa penserebbero i suoi sudditi di un leader che si lascia scoraggiare da un “insignificante” affare giudiziario? Un uomo così debole, così remissivo, come potrebbe mai affrontare i Putin e i Trump di turno, far valere gli interessi del proprio Paese al tavolo delle trattative europee, combattere il terrorismo, risolvere la piaga della disoccupazione, occuparsi della crescita economica e via dicendo? Chi, inoltre, potrebbe farlo meglio di lui? Marine la xenofoba? Macron lo sbarbatello?

Detto questo, è pur vero che Fillon si è ritrovato con le spalle al muro. Aveva due possibilità: ritirarsi dalla corsa all’Eliseo e uscire definitivamente dalla scena politica – così facendo avrebbe perso anche la stima e il consenso di chi, nonostante tutto, lo sostiene ancora ed è disposto a bersi la storia del complotto (un po’ come era accaduto da noi con Berlusconi) -, oppure rilanciare e giocarsi la carta del duro che tutti – avversari politici, media, magistratura – vogliono buttare giù con ogni mezzo, ma che non molla. E’ quello che sta facendo, complice anche la voragine che la ritirata di Sarkozy ha lasciato nel suo partito e la sostanziale mancanza di alternative alla sua candidatura.

Vedremo quale sarà il responso delle urne, l’unico che conta, per un “monarca repubblicano”.