Alta Fedeltà“Afghan West”, l’Afghanistan raccontanto da chi lo vive ogni giorno. Senza pregiudizi

L’esercito statunitense ha sganciato nella provincia di Nangarhar, in Afghanistan, un ordigno GBU-43, la bomba non nucleare più potente del suo arsenale. L’obiettivo del bombardamento era un sistem...

L’esercito statunitense ha sganciato nella provincia di Nangarhar, in Afghanistan, un ordigno GBU-43, la bomba non nucleare più potente del suo arsenale. L’obiettivo del bombardamento era un sistema di tunnel usati dal gruppo Stato islamico (Is). La GBU-43, conosciuta anche come “madre di tutte le bombe”, era stata testata nel 2003 ma finora non era mai stata usata in combattimento dagli Stati Uniti.

Il ministero della Difesa afgano ha detto che 36 miliziani dello Stato Islamico sono morti, che la loro base è stata distrutta e che non ci sono morti tra i civili. Abdullah Abdullah, capo esecutivo dell’Afghanistan – una carica governativa creata appositamente nel 2014, quando sia Abdullah che l’attuale presidente Ashraf Ghani sostennero di aver vinto le elezioni – ha confermato che l’attacco è stato compiuto dagli Stati Uniti in accordo con il governo afghano, e che è stato fatto “con grande attenzione per evitare morti tra i civili“.

Per capire, però, il processo di transizione che ha portato alla realtà attuale in Afghanistan, non possiamo non fare un passo indietro. “Afghan West, voci dai villaggi“, Bonfirraro editore, è un racconto dall’interno, privo di alcuna edulcorazione o sensazionalismo, per comprendere la storia che sta caratterizzando, nel bene e nel male, la nostra attualità geopolitica e sociale.

In occasione di un media tour di una decina di giorni, svoltosi tra Herat, Shindand e Bala Boluk, le giornaliste e fotoreporter Katiuscia Laneri, Elisabetta Loi e Samantha Viva hanno messo nero su bianco le parole ed i volti di chi vive la realtà dell’Afghanistan tutti i giorni. Un mondo che, come ci racconta la stessa Samantha Viva, “è un’idea e un preconcetto”, molto diverso dall’immaginario comune, ma che “è tanti luoghi insieme”, dove “convivono la voglia di riscatto e la paura di cambiare”.

A partire dalle interviste raccolte tra i militari della missione ISAF, tra gli abitanti dei villaggi, tra i governatori e i generali afgani, le giornaliste ci raccontano l’Afghanistan di oggi, analizzando anche i risvolti che l’apporto ed il contributo dei militari italiani, soprattutto nella parte ovest, hanno avuto ed avranno sul nuovo volto dell’Afghanistan di domani. Un paese che si trova ad affrontare diversi nemici, come l’oppio, la criminalità, la conformazione del territorio e l’arretramento sociale, basti pensare alla considerazione della donna come oggetto, “senza identità, senza fisicità”.

Ed è proprio la rinascita culturale femminile e femminista ad essere una della parti più interessanti e toccanti del racconto. Ad Herat, infatti, le donne hanno la consapevolezza e la volontà di coltivare un sogno: fare informazione. Qui le ragazze sono state in grado di creare una radio tutta al femminile, Radio Shahrzad, come la protagonista de “Le Mille e una notte”, dove potersi confrontare liberamente su temi d’attualità, storia, psicologia e molto altro. Una piccola immensa finestra sul mondo per tutti gli ascoltatori.

Grande spazio viene dedicato anche al “Sistema Italia” e alle persone che lo hanno portato avanti con il cuore, a prescindere dalla nazionalità, dal credo religioso e dal colore della pelle. Proprio ad Herat, infatti, la Cooperazione Italiana (l’organismo della Farnesina che si occupa di assistenza nei paesi in via di sviluppo) ed i militari del PRT (Provincial Reconstruction Team), l’unità dell’Esercito che sostiene lo sviluppo socio-economico e la prassi di buon governo nella provincia, hanno dato esempio di collaborazione, attuando il cosiddetto “Sistema Italia” per l’appunto. Grazie a questa cooperazione, è stato possibile consegnare alle autorità locali di Herat alcune strutture sanitarie completamente rinnovate per servire un bacino di circa 1 milione di persone. Se da una parte la Cooperazione Italiana ha fornito tutte le apparecchiature e gli arredi essenziali per il funzionamento di diversi reparti di questi ospedali (pronto soccorso, radiologia, laboratorio analisi e sale operatorie), dall’altra il PRT ha finanziato i lavori per la cabina elettrica di trasformazione e l’indispensabile allacciamento alla rete di distribuzione principale.

“Afghan West, voci dai villaggi” non è un articolo o un approfondimento, bensì un bellissimo reportage narrativo su ciò che non funziona in Afghanistan, ma anche su ciò che funziona. Una toccante testimonianza su come la collaborazione e la fiducia possano portare l’uomo a risultati giornalieri, piccoli per alcuni ma immensi se analizzati in un quadro generale. La storia di come nessuna cultura possa essere giudicata dall’esterno, senza una conoscenza adeguata e, soprattutto, se a vestirci gli occhi e la mente sono pregiudizi carichi di paura ed ignoranza.