Alta Fedeltà“Billy”, un viaggio ad alta velocità in un deserto costellato di solitudini

“È sempre la stessa storia quando vi accorgete che non è un gioco, un bluff, che non c’è via d’uscita e nessuno vi risveglierà da questo sogno fosco. Nessun supereroe verrà a salvarvi. Non ci sarà...

“È sempre la stessa storia quando vi accorgete che non è un gioco, un bluff, che non c’è via d’uscita e nessuno vi risveglierà da questo sogno fosco. Nessun supereroe verrà a salvarvi. Non ci sarà nessun perdono. All’inizio ridete, un po’ titubanti forse, dopo cominciate a piagnucolare. Poi vorreste pagare. Con il denaro. Ma non è cosí che si paga. Il denaro non serve. Non qui, non in questo momento.”

Billy è cresciuto a Duffmore, in Scozia, insieme a zio Seamus, zia Livi e ai cugini Frank e Polly, dopo che Monkboy e Birdy – i suoi genitori – sono partiti per un lungo trip senza più tornare. Tutto quello che gli è rimasto di loro è un vecchio giradischi e l’amore per la musica, dai Ramones ai Joy Division. A 19 anni, quando entra a far parte dell’azienda di famiglia, per lui finisce l’innocenza. Nel suo caso non si tratta di fare conti o di stare dietro a un banco, nient’affatto: la nicchia redditizia in cui zio Seamus si è inserito fin da ragazzo è quella della giustizia. Billy e la sua famiglia si occupano di omicidi in giro per il mondo, perché c’è sempre qualcuno che vuole essere vendicato o risarcito. Dodici sono i casi che Billy ha già affrontato con la sua Walther, dodici le istantanee e le storie che porta con sé. A 34 anni è diretto a Las Vegas per incontrare un “collega”, ma anche per divertirsi un po’ nella capitale mondiale del gioco. I suoi piani, però, saranno costretti a cambiare.

Il nuovo libro di einzlkind (narrativa nottetempo) non è solo un romanzo, ma un progetto multimediale che catalizza totalmente i sensi del lettore, risucchiandone tutta l’attenzione ed immaginazione, ingannando la nostra capacità di analisi. “Billy” è una di quelle storie che ti seducono e ti lasciano stordito, senza chiedere alcun permesso. L’unica possibilità di reazione che abbiamo? ἐποχή, sospensione di giudizio. Perché anche se veniamo messi da subito a conoscenza del mestiere di Billy, giudicare sembra essere l’ultima cosa da fare.

L’alternarsi tra passato e presente, con la sapiente guida del traghettatore d’anime Billy e la musica sempre presente a scandire in maniera quasi sincopata i ricordi, sono la chiave di lettura per capire come mai il protagonista sia divenuto un serial killer, quale sia stata la sua infanzia, quali siano state le scelte compiute e subite per arrivare a chi è oggi, al punto in cui è oggi, dalla Scozia a Las Vegas. Accanto a Billy sfrecciamo per il Nevada, a bordo della nostra Mustang, con i capelli sul viso e la polvere del deserto a rendere i paesaggi allo stesso tempo vividi e sfocati. Quasi fossimo tra una fotografia di Stephen Shore ed un monologo introspettivo e grottesco di Quentin Tarantino, la pesantezza della vita nella sua complessità si contrappone all’effimero e alla volatilità del costume americano, declinato nella sua pagina più pop.

Eppure la società descritta da einzlkind gode di una bellezza unica: ogni personaggio che conosciamo attraverso gli occhi di Billy è un diverso, magico nei suoi difetti, incantevole nelle sue miserie, disturbante e bizzarro. Un indiano che vende erbe medicinali, un rivenditore di auto tedesche, un imitatore di Elvis, una famiglia funzionale nella sua disfunzionalità, tutti contruibuiscono a raccontarci un pezzo del significato del nostro viaggio di vita. La condizione umana è al centro del tutto, un deserto costellato di solitudini. Straziante, bellissimo.

Ne vogliamo ancora.

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