Se guardi la foto di Trump e del pupazzone Easter Bunny al Truman Balcony al secondo piano della Casa Bianca, lo capsici di che sostanza è fatto il sogno più grande e condiviso e ricorrente della nostra era: diventare pupazzi. Non pensare più.
Guardate che questa cosa dei bambini che fanno rotolare con dei cucchiaioni di legno uova decorate sul prato della residenza del Presidente degli Stati Uniti la trovo incantevole.
Il Presidente come padre della Nazione, che ha una moglie che ha il viso che ti insegnano a disegnare alla scuola del fumetto per fare le principesse e che si chiama Melania, come la rivale in amore di Rossella O’Hara o come una ninfa.
il Presidente che si è dato molto da fare – come si premura di informarci Melania – per organizzare questo fantasmagorico party e che al contempo faceva sapere al dittatore nordcoreano Kim che la «pazienza strategica» degli Stati Uniti è finita.
Ma Donald, Melania, il loro figlio undicenne Barron che apre da bravo bambino la corsa alle uova, Kim il babau bamboccione dagli occhi a mandorla e le 21 mila persone accorse sul prato presidenziale non sono nulla di fronte allo sguardo imbambolato, letteralmente, e assente del coniglione dalla montatura tonda – come a Carroll piaceva tanto venisse raffigurato il suo – e dorata, ma tanto dorata, come le montagne di lingotti d’oro conservati a Fort Knox o nel Deposito di Zio Paperone, indifferentemente.
Questa è l’America, ragazzi. Un luogo così improbabile da farti sembrare l’improbabile più vero del vero, tangibile, commestibile, come un Big Tasty o come un Big Mac.
Ti puoi nutrire anche soltanto di questa roba – dicono che ci muori ma non è vero – puoi campare senza mai accorgerti che c’è un mondo fuori. Non a caso gli americani non viaggiano: poco più di un sesto di loro ha un passaporto.
Accanto a Trump, Melania, Easter Bunnny ed il figlioletto Barron al balcone, i quotidiani d’Occidente riportano la notizia che probabilmente la risicata vittoria del Presidente turco Erdogan al referendum costituzionale (51,4%) è truccata: “probabilmente”. Capite? Non è più vero niente con certezza e dunque nemmeno nulla è certamente falso.
Sarete voi a negare che è conforme che uno che ha appena parlato al fianco di un coniglione carrolliano non trovi imbarazzante congratularsi con Recepp Tayyip il turco per la strabiliante fintissima vittoria?
Mi piace pensare che il coniglione sia stata l’ultimo apparato scenico rimosso della festa. E che il sole prima di tramontare gli abbia fatto capolino negli occhi grandi come lecca lecca tondi – tondi come la montatura dorata – arrossandoglieli.
E che un coniglietto vero l’abbia guardato da dietro una siepe di bosso ed abbia provato un leopardiano senso di infinito nel rispecchiarsi in quel gigante così simile a lui in tutto fuorché le proporzioni. E quello sguardo fisso imbambolato che trattiene in due puntini avvampati sotto le pupille di ossidiana un sole occidente.
A presto.