Le analisi statistiche sono per definizione fredde, ma quantomeno hanno una base scientifica. Le congiunturali condividono il clima, ma non la medesima base. Lo scopo però è comune: fotografare la realtà. Ma i numeri, per loro stessa natura, sono soggetti a interpretazione. Non solamente per le modalità con cui sono stati ottenuti, ma anche perché spesso la finalità è dare un titolo ai giornali. E su questo, dico la verità, la scorza dura me la sono fatta. Tiro dritto, conscio dell’idea che solamente il lavoro di ognuno per competenze, ruolo e attività, migliora se stessi, i colleghi, le aziende e quindi, in definitiva, anche il Paese.
…il momento richiede approfondimenti per poter carpire nelle pieghe oscure dei problemi i lampi di luce, affinché ci si possa concentrare su questi, valorizzandoli e sviluppandoli, portandoli a sistema
Senza voler parafrasare Robert Kennedy sul fatto che il Pil misura tutto tranne quello per cui vale la pena vivere, ma le due fotografie, sui numeri economici, scattate da due “vicini di casa” mi hanno dato motivo di riflessione. Un mesetto fa era stata Univa – l’Unione degli Industriali della Provincia di Varese – a denunciare il calo del credito per le aziende del Varesotto nella sua “indagine sul credito” relativa al quarto trimestre 2016. Più recente l’intervento di Confartigianato Imprese Varese che, commentando i dati del Centro Studi di Confartigianato, si è detta preoccupata per il trend in corso: il credito va alle aziende grandi e non alle piccole.
Ora, va bene tutto. Ma non posso non alzare l’attenzione davanti a numeri che danno, de facto, il là a dichiarazioni “generaliste”, delle quali non mi sfugge la portata mediatica, seppur non portino una goccia d’acqua al mulino delle soluzioni.
E allora se si dice che le imprese medio piccole non sono appetibii per il mercato bancario, beh, forse è il caso di rivolgersi a chi del tema dimensionale ha fatto una bandiera: sarà per questo che il Credito Cooperativo ha il 23% del mercato italiano del settore artigiano.
L’ho già scritto, il momento richiede approfondimenti per poter carpire nelle pieghe oscure dei problemi i lampi di luce, affinché ci si possa concentrare su questi, valorizzandoli e sviluppandoli, portandoli a sistema. E allora se si dice che le imprese medio piccole non sono appetibii per il mercato bancario, beh, forse è il caso di rivolgersi a chi del tema dimensionale ha fatto una bandiera: sarà per questo che il Credito Cooperativo ha il 23% del mercato italiano del settore artigiano.
A questo aggiungo quanto scriveva Banca d’Italia nell’Occasional Papers Questioni di Economia e Finanza – Le banche e il finanziamento dei territori 2007-2014: «Le banche locali hanno acquisito un peso crescente nel finanziamento di famiglie e imprese nel periodo delle due profonde recessioni che l’economia italiana ha attraversato a partire dal 2008. Diversamente dal resto del sistema, tra il 2007 e il 2014 le banche locali hanno ampliato la loro rete territoriale, che comprende circa un quarto degli sportelli bancari sul territorio. In tutto il periodo le banche locali hanno presentato tassi di crescita dei prestiti al settore privato più elevati di quelli delle altre banche, con divari particolarmente ampi nel biennio 2008-09 quando esse hanno beneficiato di un funding gap strutturalmente più contenuto e di vincoli di raccolta sui mercati internazionali minori rispetto alle banche grandi».
In tutto il periodo le banche locali hanno presentato tassi di crescita dei prestiti al settore privato più elevati di quelli delle altre banche…
Occasional Papers – Banca d’Italia
Inoltre, vorrà dire qualcosa se il presidente del Parlamento Europeo Antonio Tajani, parlando domenica scorsa all’assemblea della Bcc d’Alba davanti a)) oltre 15 mila (!) soci presenti, ha sostenuto che, per far crescere l’Italia «ridurre il debito non basta, occorre sostenere la piccola e media impresa. Per questo è fondamentale il ruolo del credito cooperativo, delle banche del territorio che conoscono le aziende e possono agevolare l’accesso al credito».
Sarà banale, ma come ben sappiamo – e ne abbiamo anche pagato le conseguenze -, per le Bcc non esiste alternativa. Le Bcc non hanno delocalizzato, non hanno cambiato pelle o asset. Le Bcc vivono e muoiono in totale simbiosi con il proprio territorio che, come sappiamo, è formato prevalentemente da aziende medio piccole.
Insomma, prima di esternare pubblicamente, che è un esercizio facile, perché non si guarda nelle pieghe richiamate prima? Forse non è altrettanto facile, o forse si, visto che in fondo basterebbe parlare coi vicini della porta accanto.