Nuvole all’orizzonte per RyanAir, la compagnia aerea low cost non supera l’esame “etico” e 7 fondi europei ritirano i loro investimenti.
Sembra che il filone sostenibilità tanto caro ai consumatori, si stia ritagliando un posto speciale non solo nel cuore dei brand e dei relativi reputation manager ma anche in quello di importanti investitori, tra i quali Atp, il più grande fondo danese, Sam, PFA, Folksam, un investitore istituzionale svedese, Baillie Gifford ed Hermers Eos, proxy advisor in Gran Bretagna.
L’integrazione, lo sviluppo e la valorizzazione di componenti etiche all’interno dei modelli di business è tanto un’esigenza quanto un must, per molte multinazionali, come P&G e Unilever, Coop. Un tema centrale che ha fatto sì che molti opinionisti abbiano contribuito alla discussione su RyanAir schierandosi a favore della decisione dei sette fondi di ritirarsi: dalla contributor di Forbes e giornalista dell’Indipendent Dina Medland agli inviati della Reuters di Londra. Dure, ma prevedibili, le reazioni degli imprenditori norvegesi e danesi, abituati ad altri standard sia di retribuzione che di qualità del lavoro, e di recente impegnati in una lotta contro la low cost irlandese proprio per il trattamento riservato al personale. Quello che ha lasciato tutti a bocca aperta è stato il commento del CEO Michael O’Leary, che, senza usare mezzi termini, ha definito degli “idioti (idiots)” male informati tutti e sette i fondi. Insomma, che si richiedesse una dichiarazione del brand sull’accaduto era scontato, che venisse data questa risposta, che lascia poco (o forse nessuno) spazio alla discussione, un po’ meno.
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