La recente visita di Donald Trump in Arabia Saudita è stata celebrata come l’inizio di una nuova fase della convergenza tra gli interessi degli Stati Uniti e quella della casa regnante dei Saud. Ma mentre Trump era ancora impegnato nel suo tour in Europa, dall’America è arrivata una notizia che certamente non avrà fatto piacere ai sauditi. Poche ore prima la riunione dell’Opec che avrebbero ufficializzato i nuovi tagli alla produzione di petrolio gli Stati Uniti hanno annunciato che potrebbero dimezzare le scorte strategiche di greggio. Se dovesse arrivare l’approvazione del Congresso, 344 milioni di barili di greggio finirebbero in vendita a partire dal prossimo ottobre. In questo modo l’offerta di petrolio continuerebbe a salire vanificando lo sforzo dei sauditi che stanno cercando di riportare in equilibrio il mercato mondiale.
Gli Stati Uniti si confermano un attore decisivo per le quotazioni del greggio. L’Opec e gli altri paesi produttori stanno combattendo una battaglia all’ultimo barile con i produttori americani dello shale. Come ha spiegato il Wall Street Journal, l’Opec ha le spalle al muro per colpa della produzione di petrolio da scisti bituminosi statunitense che è aumentata significativamente dalla firma dell’accordo per la riduzione dell’output da parte dei paesi del cartello di Vienna. Ha scritto The Economist: “in due anni e mezzo di altalenante contrasto al ribasso del greggio, l’Opec è stato coerente su un aspetto: ha sottovalutato l’abilità dei produttori statunitensi di idrocarburi da scisti di utilizzare tecniche finanziarie più efficienti per far fronte alla tempesta delle basse quotazioni”.
Nel frattempo per lo shale a stelle e strisce si aprono nuove opportunità sui mercati internazionali. Il ministro del Petrolio indiano, Dharmendra Pradhan ha detto che il suo Paese è pronto a valutare forniture alternative a quelle dell’Opec «compreso da Stati Uniti e Canada, che stanno diventando molto competitivi».