È vero, oggi un millennial medio guadagna poco più di mille euro e non è certo una cifra con la quale fare grandi investimenti o progettare un futuro lussuoso. È dunque normale che le banche puntino ai soliti over 60, quelli che hanno i capitali da investire e magari una o più case di proprietà da mettere a garanzia per i prestiti. Quello che non calcolano è lo sviluppo della geografia del capitale nel medio termine. Il vizio di guardare poco oltre l’orizzonte temporale di un anno porta gli istituti finanziari a mancare uno degli investimenti più strategici per la loro sopravvivenza futura: conquistare i millennials. Secondo recenti studi questa fascia di popolazione potrebbe far perdere il 35% dei ricavi all’intero sistema bancario mondiale entro il 2020. Scopriamo come e vediamo i 5 motivi per i quali le banche dovrebbero preoccuparsi di dar loro credito:
1) Se non lo fanno loro, lo farà qualcun altro. Questo qualcun altro si chiama fintech, ed è già all’opera. Attraverso telefonini e internet, la finanza tecnologica sforna decine di app con le quali si possono fare quasi tutte le operazioni che le generazioni precedenti facevano in banca e si spingono oltre: creano nuovi bisogni e li soddisfano in modo esemplare. Amazon, per esempio, si è mossa già dal 2011 con Amazon Lending, una piattaforma attraverso la quale eroga credito alle PMI attive come venditrici su Amazon stessa. Parliamo di un servizio senza pari nel mondo bancario italiano: le somme richieste vengono erogate in giornata mentre le rate dei rimborsi sono trattenute direttamente sul conto dell’azienda finanziata ogni due settimane. I tassi applicati sono vantaggiosi per Amazon, forse meno per le PMI, però la semplicità di utilizzo e la comodità del servizio innovativo hanno garantito una buona riuscita dell’iniziativa. Finanziamenti all’insegna della semplicità e della velocità sono oggetto di un gran numero di imprese fintech come Lendix, leader per i prestiti online alle PMI in Francia, che vedono una costante crescita legata alla loro componente disruptive. Un altro recente esempio dello sviluppo tecnologico è quello dei robot advisor, consulenti finanziari nati sul web con l’obiettivo di aiutare le persone a gestire i propri soldi, si veda www.moneyfarm.com. Il 72% dei millennials vorrebbe dei servizi digitali alternativi agli istituti di credito e il 67% ritiene che la propria banca non si sia adeguata all’era digitale: si sono aperte praterie di mercato da conquistare che per il fintech potrebbero portare all’età dell’oro.
2) Ora viene il bello: le ricchezze accumulate dalle generazioni precedenti col tempo passeranno nelle mani dei millennials. Sembra incredibile ma le banche agiscono come se questo dato di fatto non fosse vero. Non saranno tutti fortunati figli di papà, però anche ereditare la casa di famiglia e qualche risparmio dei genitori porta nell’olimpo dei non più poverissimi e quindi tra i potenziali clienti che le banche desiderano tanto attrarre. Fior di sistemi CRM dovrebbero ormai aver colto le avvisaglie di questo trasferimento di risorse, sta alla lungimiranza del management bancario muoversi per tempo.
3) Sempre collegato al fattore tempo, pensa a quanti anni ci sono voluti per iniziare e rendere redditizia la società dove lavori o che hai costruito. Le aziende dei millennials oggi possono essere piccole ma tra qualche anno potrebbero essere multinazionali, vi dice niente un certo garage di Los Altos? Ad oggi in Italia il fenomeno delle start up ha prodotto poche realtà di dimensioni rilevanti e mancano unicorni ma il tempo gioca a totale favore dei millennials, basti pensare che già oggi il 10% delle aziende in Italia è di proprietà di un giovane under 35. Nel Bel Paese, società innovative capaci di raccogliere diversi milioni di euro se ne vedono e se ne vedranno sempre di più, tra le 10 start up che ha ottenuto maggiori investimenti c’è www.borsadelcredito.it, una società fintech di peer to peer lending nella sua evoluzione di social lending: persone che si prestano soldi tra di loro con la piattaforma che esegue solo la parte dell’intermediario. Dar credito a questo tipo di impresa significa darlo al futuro.
4) Con piccoli sforzi, accantonando magari solo 50 euro al mese, i millennials possono costruire un buon gruzzolo per la pensione. Oggi sentiamo parlare di pac, piani di accumulo di capitale, che saranno fondamentali per godere in serenità il periodo di meritato riposo dopo decadi di duro lavoro e sono proprio i millennials ad acquistarli. Con l’INPS che, sotto la pressione delle dinamiche demografiche, rischia di non poter garantire una prestazione adeguata a chi oggi è nella categoria dei giovani, vale più che mai il detto “chi fa da se fa per tre”. Tre come i pilastri sui quali si reggerà in futuro il sistema previdenziale italiano: previdenza statale, professionale e privata. Se i primi due pilastri sono di facile approccio (collettivo), il terzo, ad adesione individuale volontaria, è quello dove banche e fintech si sfidano per la conquista dei millennials. Una sfida che passa per la via principale dell’informazione, chiave di volta per comprendere la necessità di strumenti che rendano la vita più semplice quando si diverrà anziani. Anche pensare a questo aspetto significa dar credito ai millennials e implica dar loro una prospettiva sorridente per la vecchiaia.
5) I millennials hanno fame di successo. Per quanto si dica che sono pigri e poco motivati la realtà dei fatti è ben diversa: è una generazione che ha voglia di farcela. C’è dell’altro: quando ce la fanno lo vogliono far vedere a tutti, per primi a se stessi. Viaggi, l’auto nuova, una bella villa, l’ultimo cellulare uscito sul mercato, tutti beni per i quali arrivano ad indebitarsi volentieri, fin troppo. Se da un lato prendono voli low cost, noleggiano auto col car sharing e alloggiano in camere da airbnb, dall’altro, quando se lo possono permettere, sono dei consumatori sofisticati che vogliono mangiare prodotti sani, magari bio ed ecosostenibili. Anche Mc Donald’s ha dovuto variare il suo menù per accontentarli. La ricercatezza non si ferma al cibo, le esperienze che vogliono fare (e condividere sui social) sono ritagliate a misura del singolo, rifuggono attività di massa e cercano quelle di nicchia, capaci di soddisfare un bisogno di unicità imprescindibile. Ecco allora che la tipicità del territorio viene esaltata, mangiare italiano in Thailandia suona come eresia tanto quanto un risotto giallo alle pendici dell’Etna. Unica eccezione che conferma la regola è la pizza: gradita sempre e ovunque. L’attenzione è anche per l’energia verde, Tesla può essere un’azienda capace di riassumere molte delle esigenze di discontinuità col passato anche per quel che riguarda la mobilità. Per dedicarsi a queste passioni i millennials, che nel 2025 vedranno l’apice della loro capacità di guadagno (fonte: ricerca KPMG vedi sopra), sono disposti a spendere e contrarre debiti e chi sarà capace di intercettare nei prossimi anni questa loro attitudine potrà trarne grandi benefici.
+1 Arriviamo al punto extra, forse quello più decisivo, di certo il più distintivo. Il millennial, che non crede nell’aiuto del primo professionista che gli capita a tiro, effettua approfondite ricerche in rete. Deve poter confrontare diverse proposte online, sia per chiedere che per investire denaro. Collaborare con altri su internet per co-creare informazione è il suo tratto caratterizzante. È significativo che il 22% di loro cerca e scambia consigli finanziari sui social media, rispetto al 3% degli over 55. Senza investimenti importanti nel digitale le banche resteranno indietro nella corsa alla conquista del mercato dei servizi finanziari per i millennials e rischiano di percepire troppo tardi il valore di dare loro credito. Il cambiamento è qui ed ora. Chi non ha il coraggio di vederlo dovrà procedere al buio in un futuro per altri radioso.
SIMONE LAMBERTI