Sul Foglio in questi giorni è uscito il documento “La Parola ai ventenni – #Italia2020”, a firma dei “Millennials” del Partito Democratico. Hanno vent’anni, i “Millennials” del PD. E hanno già capito come diventare i futuri D’Alema. Parlano di reddito minimo, crediti formativi all’università, “corsi contro tossicodipendenza”, ADEGUAMENTO CORSI STUDIO A STUDENTI LAVORATORI (così, in maiuscolo, inspiegabilmente. E per due volte di seguito nel documento, peraltro). Riducono la legalità a “lotta hatespeech, sanzioni per fake news, potenziamento polizia postale”, perché allora studiare i crimini finanziari o il traffico di sostanze stupefacenti?
Lo fanno col linguaggio vetusto, vuoto, vacuo, ereditato da chi ha dimostrato che lo scollamento tra politica ed economia reale è irrisolvibile. Lo fanno con un “documento” per punti che parla di cose che, è palese, non padroneggiano, un elenco programmatico-solo-nelle-intenzioni che non hanno neppure riletto, approssimativo anche formalmente, con caps lock dimenticati, figli di copia-incolla compulsivi, punti interrogativi rimasti appesi a rivendicare delle risposte che non avremo mai. Perché le domande sono mal poste. E, soprattutto, non si avvicinano mai nemmeno lontanamente al cuore della questione.
Il problema non è ad ogni modo il documento. È tutto quello che vi sta dietro.
Il gruppo firmatario del documento è un gruppo informale, per lo più riconducibile ai Giovani Democratici, ma diversi membri sono già stati inseriti da Renzi in Direzione. Non si capisce quale criterio sia stato tenuto nella selezione di questa futura nuova classe dirigente politica. A pensar male, verrebbe proprio da immaginare che il criterio sia questo: creare l’ennesimo zoo dei giovani da dare in pasto alla stampa, secondo la logica imperante degli hashtag, delle parole chiave di cui nessuno mai approfondirà. Un recinto di bestie rare (i giovani, in un Paese di vecchi, per vecchi), ma bestie sterilizzate, sedate. Innocue.
Nessuno dei punti toccati così sommariamente da questo documento può avere alcun impatto sulla nostra economia, sulla nostra storia. Non può partecipare al rilancio del Paese. Ci sono cose di buon senso, sì, non certo innovative, non in un Paese europeo che si voglia dire civile. Ma è il grado di profondità del documento a inquietare. Le aggregazioni delle proposte vengono fatte per cluster ovvi, banali, eterogenei talvolta, e sono sviluppate solo quelle più vicine all’esperienza personale dei firmatari, ovvero quelle legate al mondo dello studio, dell’università. Poi vanno via via scemando di spunti, di dettagli, di forma.
Eppure una dei proponenti, Ludovica Cioria, chiede che il documento “venga discusso e inserito nel programma PD”. Hanno scritto una lista di buone intenzioni priva di alcun inquadramento, di alcuna analisi macro-economica, figuriamoci se si sono posti l’esigenza di trovare le cosiddette “coperture”. Pretendono, perché le loro idee sono belle, giuste, democratiche.
Allo sfondo, il grande problema dei “giovani d’oggi”: l’incapacità di capire quanto si è scarsi. In un report dell’OCSE dedicato alle competenze richieste sul mondo del lavoro si dice chiaramente che i laureati italiani più bravi nella scrittura e comprensione sono il 12% contro il 20% di media degli altri paesi avanzati (OCSE PIAAC del 2012). Un gran numero di aziende lamenta la mancanza di competenze necessarie per il mondo del lavoro di oggi: inglese, informatica, conoscenze basiche di economia. Nel 2013, l’80% dei datori di lavoro afferma che i laureati hanno richiesto una formazione ulteriore per poter svolgere i propri compiti. Manca la preparazione, allora. Quella che dovrebbe portare a parlare della necessità di abbassare l’IVA, di ridurre il debito pubblico e il rischio sovrano, di riformare le pensioni in maniera che un giorno ci sia la minima speranza che tocchino anche a noi.
Ma soprattutto, manca la scintilla. E manca perché alla base manca il fuoco. Perché in un Paese di analfabeti funzionali, la classe dirigente miope adatta il proprio linguaggio al destinatario, offrendogli gli 80€, i contraccettivi gratis, salari minimi e Ancelotti a Coverciano. Ché a tutti piace fare l’amore sicuri e a basso costo (noi più che inclusi), ma a tutti piacerebbe anche avere la possibilità di costruirsi una vita, che sia dignitosa, bella e soddisfacente, comprarsi una casa se si vuole, magari sposarsi e fare figli. A tutti piacerebbe pagare meno tasse, quelle usate per i servizi (scarsi) che questo Stato ci offre o per pagare diritti antichi su cui nessuno di noi ha mai messo becco (“diritti acquisiti”, ricordate sta cazzata?). Ecco, magari dovremmo parlare di questo, e del futuro incerto che ci attende.
Filippo Lubrano, Andrea Danielli, Alessio Mazzucco