Se c’è la lingua di Giovanni Testori, l’attore ha la grande responsabilità di dover fare un passo indietro. Il genio e la forza poetica dell’autore brianzolo (Novate, 1923-Milano, 1993) sono un tale tesoro che per restituirli nella propria efficacia è necessario aderirvi pedissequamente. E Arianna Scommegna, attrice milanese classe 1973 anche premio Ubu della Critica nel 2010 e premio Hystrio nel 2011 all’interpretazione, lo ha capito. In scena da mercoledì 15 a questa sera al Teatro Gerolamo con i “Tre Lai” di Giovanni Testori, riesce a entrare nel cuore degli spettatori utilizzando appieno gli strumenti che un tipo di spettacolo come quello testoriano fornisce: la musicalità della parola e la profondità dei significati da trasmettere restando rigorosamente all’interno del contesto brianzolo, il tutto per esprimere concetti di valore assoluto (per questa interpretazione la Scommegna ha vinto il Premio dell’Associazione Nazionale dei Critici del Teatro). Lo spettacolo è una produzione Atir Teatro di Ringhiera, chiuso dallo scorso 3 ottobre per lavori urgenti di ristrutturazione, che è ospitata per tre sere al Teatro Gerolamo, gioiello settecentesco in piazza Beccaria, a due passi dal Duomo e chiamato dai milanesi “la piccola Scala”. I Tre Lai sarebbero i tre pianti, ovvero tre monologhi di tre donne che soffrono e piangono l’amato bene, che è morto. In un progressivo avvicinamento all’Assoluto, come accadde nella vita di Testori, che scrisse questa drammaturgia i ospedale negli ultimi mesi di vita, nell’originale i tre lai sarebbero in ordine Cleopatra (“Cleopatràs”) che piange il suo “Gran Tunià s”, Antonio, Erodiade (“Erodiàs”), moglie di Erode, che si dispera per la morte da lei stessa voluta per il profeta Giovanni, e Maria (“Mater Strangosciàs”), che cerca nei tormenti di capire fino infondo l’amore assoluto per l’umanità di suo figlio Gesù, morto per tutti, e per lei però forse morto due volte, come Gesù e come suo unico figlio. I Tre Lai della Scommegna, per la regia di Gigi Dall’Aglio e accompagnata in scena dalla fisarmonica di Giulia Bertasi, al contrario partono dal lamento di Maria e si concludono questa sera con Cleopatra ed Erodiade. La semplicità e la pulizia della scena lasciano spazio ad un’interpretazione in cui, almeno rispetto alla Mater Stangosciàs, tutto è da ricondurre alla responsabilità dell’attrice principale che riesce, togliendo quasi perfettamente il superfluo, a restituire l’ampiezza dei significati del testo originale. www.teatrogerolamo.it
17 Novembre 2017