Lo spunto me lo danno gli ultimissimi e in qualche modo clamorosi dati di ascolto del Tavolo Editori Radio, usciti di recente. Non solo perché Rtl 102.5, l’emittente per la quale lavoro, si conferma di nuovo la stazione radiofonica più ascoltata, ma addirittura cresce di un milione e mezzo di ascoltatori al giorno: dai 6,9 milioni si passa a oltre 8,4. Un successo completato dalle altre stazioni di famiglia, ovvero dal promettente esordio di Radiofreccia (667 mila), che, aggiunto al dati di Radio Zeta (697.000), porta il gruppo capitanato dal mio editore Lorenzo Suraci a sfiorare i 10 milioni al giorno. Una crescita che deve far pensare: complessivamente gli ascoltatori che ogni giorno si sintonizzano sui canali radiofonici sono più o meno gli stessi della rilevazione precedente (circa 35 milioni), quindi Rtl è andata a togliere pubblico ai competitor (Gruppo Mediaset, Rai, Gruppo Sole 24 Ore, Gruppo Espresso). Ma queste due righe non hanno lo scopo di incensare il mio posto di lavoro, che naturalmente ha pregi e difetti come tutti gli ambienti lavorativi, vogliono in realtà per una volta difendere e tentare di valorizzare la figura del giornalista radiofonico, anche e soprattutto politico. Sì, diciamoci la verità, noi che lavoriamo dai Palazzi romani nelle radio private nazionali siamo da sempre un po’ considerati di serie B. Quante volte colleghi più famosi oppure di agenzia di stampa si sono avvicinati per chiedermi che tipo di contratto avessi o se avessi lo stesso tesserino dell’Ordine? Innumerevoli… Per non parlare poi delle occasioni in cui sei liquidato come un collega da dieci secondi, per ironizzare sulla brevità di un pezzo radiofonico (con l’insert, ossia la voce, di un politico parliamo di 45, 50’’, senza di 35,40’’)… Senza dimenticare gli stessi esponenti politici, per i quali spesso e volentieri la radio come mezzo di comunicazione non esiste nemmeno, anche se negli ultimi tempi qualcosa da questo punto di vista è cambiato (si pensi ad esempio a Matteo Renzi presidente del Consiglio, più volte ospite del programma mattutino di Rtl Nsn, Non stop news). A tutte le categorie che ho citato vorrei appunto evidenziare i dati menzionati all’inizio: quotidianamente il sottoscritto e l’intera redazione di Rtl parliamo a quasi 8 milioni e mezzo di persone, cifre che purtroppo ahimè i quotidiani si sognano, come del resto gli stessi telegiornali. Per raccontare bene in pochi secondi la giornata politica ci vogliono capacità e non superficialità o pressapochismo o peggio ancora dilettantismo. E dietro la brevità ci possono essere ugualmente analisi, approfondimenti o persino inchieste. Sicuramente non false notizie, perché altrimenti non cattureresti l’attenzione di così tante persone. E sì, vorrei tranquillizzarvi, ho un contratto regolare, e ho il tesserino come voi, pagando come voi fra l’altro quote e balzelli vari. Mi auguro che i recenti clamorosi dati di ascolto di Rtl e queste poche parole facciano aprire gli occhi a tanti sul mondo del giornalismo radiofonico, e di quello politico in particolare. Molte volte siamo bistrattati, sottovalutati, o ignorati nell’ambiente e da quella che può essere definita critica, però il pubblico, per fortuna da tanti anni oramai, ci premia. E tanto. Adesso è il momento che pure altri settori della società civile cambino idea nei nostri confronti. Anche noi siamo attori a pieno titolo dell’informazione. Politica compresa.
8 Gennaio 2018