Se vi chiedessero di operare d’urgenza un malato di cuore voi lo fareste? Se vi chiedessero di progettare una scuola voi lo fareste? E se vi chiedessero di tirare un rigore decisivo, all’ultimo minuto del secondo tempo della finale dei Mondiali, voi lo fareste? A meno che voi non siate cardiochirurghi, ingegneri edili o Lionel Messi, molto probabilmente la vostra risposta è sicuramente no. Perché per fare certe cose bisogna essere capaci, competenti e con una buona dose di esperienza. E allora, se servono meriti e senso di responsabilità in questi tre campi presi ad esempio, perché non vale lo stesso anche per la politica?
In Italia c’è un grande tema, ancora senza valide risposte, che è tutto legato alla selezione delle classi dirigenti. Più andiamo avanti in questa campagna elettorale e più ci accorgiamo che la propaganda populista , che continua a stimolare pericolosamente il ventre molle del bel Paese, sta prendendo il posto delle competenze e dei temi che dovrebbero venir fuori in una competizione così importante per il destino di tutti noi. Il reality show della campagna elettorale permanente, unito ad un imbarbarimento dei toni della contrapposizione politica, ha favorito l’esplosione di fenomeni mediatici e personaggi d’avanspettacolo che in un tempo diverso da questo non avrebbero trovato spazio nemmeno nelle feste rionali di mezza estate.
Si è fatta strada una certa idea della politica, secondo la quale non è importante ciò che si dice ma la popolarità che si riesce a raggiungere con quella dichiarazione, post o tweet che sia. Su queste onde sono in tanti a surfare, alla ricerca spasmodica e costante della popolarità e dell’apprezzamento delle masse. E quale altro palco migliore della politica per poter andare in scena? Tanto non conta più saper distinguere una delibera da una determina, non serve più a nulla avere contezza di questioni come la bioetica o le crisi internazionali, il sistema dei trasporti o quello sanitario, quello che conta è piacere alla GGENTE, essere come loro, anzi un po’ meno così nessuno si offende.
In questo quadro, a tinte oscure e con ombre lunghissime, non sorprende certo se un consigliere regionale, un direttore di giornale o un blogger qualunque si mettano a discettare di vaccini e salute, sentendosi all’altezza di un immunologo di fama internazionale come il prof Burioni. E non sorprende nemmeno se qualche personaggio di periferia, noto per le sue gesta più folkloristiche che eroiche, si senta in diritto di coltivare sogni di candidature e ambizioni parlamentari. Certo, i sogni e le ambizioni sono sempre legittimi, ma la concretezza del quotidiano unita ad una dose necessaria di realismo sono la sveglia puntata alle sei del mattino, che ci desta dal torpore e ci ricorda con durezza chi siamo. La caduta di Icaro, dipinto del fiammingo Pieter Bruegel il Vecchio, rappresenta al meglio l’inevitabile fine a cui sono destinati i vanagloriosi ossessionati dalla fama effimera e dalla popolarità immediata e ad ogni costo.
Ogni volta che ci confrontiamo con questo tema, tornano sempre in mente le parole di Arbasino mutuate da Berselli: « In Italia c’è un momento stregato in cui si passa dalla categoria di “brillante promessa” a quella di “solito stronzo”. Soltanto a pochi fortunati l’età concede poi di accedere alla dignità di “venerato maestro”». La politica a responsabilità limitata è esattamente quella in cui profili del genere passano per statisti e visionari, leader in grado di guidare governi e destini collettivi. C’è molto lavoro da fare, ancora, per ristabilire il primato della buona politica e per restituire dignità ad uno dei settori della vita pubblica più importanti. Queste elezioni mostreranno chiaramente il volto ed i nomi delle incompetenze candidate a rappresentarci in parlamento. Salvare l’Italia da questo rischio è un nostro dovere, o la Repubblica a responsabilità limitata sarà il caro prezzo da pagare per i prossimi lunghi anni.