Sergei Skripal è stato avvelenato con il Novichok, una derivazione del Sarin, prodotto in Unione Sovietica in diverse versioni a partire dagli anni Settanta. Skripal è un agente russo doppiogiochista che ha lavorato con i servizi britannici. Condannato in Russia, è stato graziato da Dmitri Medvedev, allora presidente, nel 2010 e scambiato con altri agenti. Da allora si è stabilito a Salisbury.
Chi è che ha avuto l’idea di volerlo ammazzare col Novichok alla vigilia delle presidenziali in Russia? E soprattutto: perché?
Secondo Londra dietro l’avvelenamento c’é la Russia, che viene minacciata ora con ulteriori sanzioni. La smoking gun sarebbe proprio il Novichok. Prove e motivi però non ci sono. Anche perché l’agente chimico in questione può essere stato prodotto in uno dei diversi laboratori sparsi per l’allora Urss, non solo a Mosca, in quelle che oggi sono repubbliche indipendenti. Dall’Uzbekistan all’Ucraina.
Alla richiesta russa di avere dei dati precisi, gli inglesi hanno taciuto. Per ora. Nessuna collaborazione, anzi, un ultimatum. Per i mainstream media occidentali il responsabile è come al solito Vladimir Putin. Il Cremlino ha liquidato la vicenda come un circo.
Il galateo degli 007 vuole che dopo uno scambio ci si lasci in pace. Perché invece per Skripal è stata scelta una morta così atroce e plateale? E una tempistica certo non casuale, una settimana prima delle presidenziali e la vittoria annunciata di Putin?
È evidente che l’attentato col Novichok ha un alto valore simbolico e data la sua provenienza è facile restringere il campo: resta però da dimostrare se si tratta della mano dell’Fsb, dell’Sbu ucraino o di qualche altro servizio che si è assicurato il controllo di partite di Novichok nel turbolento caos postsovietico, con la ristrutturazione di tutta l’intelligence che prima era sotto il nome di Kgb nei vari servizi nazionali. Vale anche per le ex repubbliche sovietiche che ora sono finite nella Nato: Estonia, Lettonia e Lituania.
A chi giova il caso Skripal?
A chi serve creare un clima antirusso, isolare Mosca, aggravare le sanzioni? Sono i russi stessi che si tirano la zappa sui piedi e se ne fregano delle relazioni con l’Occidente pur di uccidere un vecchio nemico? O sono elementi deviati che esternano i conflitti interni nei dintorni del Cremlino? Oppure è qualcuno che ha interesse davvero a scavare il solco tra Est ed Ovest e teme che con la Russia l’Europa a trazione tedesca ritorni a un business as usual, nonostante la guerra nel Donbass?
Al di là della propaganda e dell’isteria russofobica che serpeggia tra Washington, Londra, Varsavia, Kiev e le capitali baltiche (cui fa da contraltare quella antiamericana a Mosca) sarebbe utile riflettere e cercare di rispondere seriamente a queste domande.