Ipse DixitE se Francesco morisse?

Se Francesco morisse, come mi sentirei? Ci ho pensato a lungo e sono certo di poter dire che mi sentirei decisamente male. Mi sentirei fuori posto in un mondo dove il cinismo, a volte, è consider...

Se Francesco morisse, come mi sentirei? Ci ho pensato a lungo e sono certo di poter dire che mi sentirei decisamente male. Mi sentirei fuori posto in un mondo dove il cinismo, a volte, è considerato un valore tanto diffuso da essere normale. Mi sentirei un poveretto come tanti, uno di quelli che non hanno mosso un dito. Insomma, mi sentirei di merda.

Francesco Briganti fammi il favore, pensaci bene.

Francesco chi?? Perdonate, non ho fatto le presentazioni, che sbadato, che scortese. Francesco non è un VIP. Francesco non ha partecipato in costume da bagno a nessuna vacanza sull’Isola dei Famosi. Francesco non ha Grandi Fratelli ricostruiti dai chirurghi plastici e dubito che sculetti sotto la doccia sapendo di essere osservato da un plotone di guardoni televisivi.

Francesco non segna il gol decisivo all’ultimo minuto della partita dell’anno. Insomma Francesco Briganti non è proprio un ca… di nessuno.

Ma un giovanotto che stimo, anche se non condivido tutte le sue idee, oggi me lo ha presentato, per il tramite di uno di quei mezzi di comunicazione social che vanno per la maggiore.

Questo ragazzo si chiama Marco Furfaro, tifoso viola (peggio per lui) ed amante della politica. Tanto da farla praticamente a tempo pieno. Non cambio una sola riga di quanto Furfaro mi ha scritto. Inutile che mi metta a fare chiose e ricciolini al testo. Va già bene così.

Francesco ha gli occhi lucidi, le mani che tremano, la voce che racconta la storia di chi ha passato una vita lottando e faticando.

Un cappuccino per lui, un succo d’ananas per me. Francesco ha gli occhi lucidi, le mani che tremano, la voce che racconta la storia di chi ha passato una vita lottando e faticando. Ha 66 anni, è un uomo d’altri tempi, quelli che capisci subito che si sono costruiti una cultura all’università della vita, dove o impari da solo a cavartela o rimarrai in balia delle intemperie.

Mi racconta la sua vita passata in macchina, sul lavoro, da agente di commercio, i sogni e le lotte di gioventù, una nipotina nata da poco che mi mostra orgoglioso dal cellulare. Il tempo di un sorriso, quando chi ci scatta la foto gli grida “sorridi, che altrimenti ti danno già per morto!”.

“Ho crampi a muscoli che non pensavo nemmeno di avere, non avevo messo in conto di non avere più vent’anni”

Francesco Briganti non tocca cibo da 8 giorni. Ha già perso cinque chili. “Ho crampi a muscoli che non pensavo nemmeno di avere, non avevo messo in conto di non avere più vent’anni”, mi dice tra una sigaretta e l’altra. È in sciopero della fame e non vuole saperne di smettere.

Una storia assurda, la sua. Ha i requisiti anagrafici per andare in pensione, ha versato contributi all’Inps, poi all’Enasarco, l’ente di assistenza per gli agenti di commercio. 17 anni di contributi, 41 mila euro. Ma non cumulabili con quelli Inps. Al momento di andare in pensione, Enasarco gli comunica che quei soldi non bastano. Ne servono almeno altri 7 mila, tre anni di contributi.

Pensi di poterti finalmente godere un po’ di meritato riposo e ti ritrovi con un lavoro da trovare, a 66 anni. “Mi chiedono di morire lavorando”, come dice lui. Per ottenere una pensione di poche centinaia di euro, tra l’altro. Francesco chiede a Enasarco (che ha un attivo di 154 milioni di euro) almeno la restituzione dei 41 mila euro versati, ma gli vengono negati. “Perché così funziona”, gli viene comunicato.

“Così funziona”

“Così funziona” per tutti coloro che hanno pagato per anni i contributi previdenziali, ma si trovano nella condizione di non aver diritto né alla pensione, né alla restituzione di quanto hanno versato. Sono migliaia e migliaia di persone.

Per questo Francesco ha iniziato lo sciopero della fame: “non lo faccio per me, ma contro un’ingiustizia che vivono decine di migliaia di persone. Diciamo sempre che in Italia le persone non si ribellano… ecco, io voglio ribellarmi, perché è meglio rischiare di morire lottando che vivere arrendendosi. La mia vita è lo strumento per questa lotta”.

Vi ho raccontato questa storia perché ho bisogno di voi. Non ho mai chiesto di condividere un post. Lo faccio oggi. Perché la storia di Francesco ha bisogno di essere raccontata. Perché ho capito che Francesco non smetterà di farsi male fino a quando questa piccola grande ingiustizia non diventerà patrimonio di tutti, fino a quando non verrà presa in considerazione dalla politica e dai media. Ieri ho conosciuto un uomo con un coraggio che non va di moda. Oggi lo presento a voi, vi prego di condividere questo post per aiutarmi a presentare all’Italia la storia di un uomo che ha ancora voglia di lottare per migliorare questo Paese.

Marco Furfaro

Non mi interessano le regole del gioco. Mi basta sapere che nella moderna e civile Italia un uomo di 66 anni per ottenere una risposta deve sedersi su una sedia ed iniziare a morire. Nell’indifferenza.

E se Francesco morisse davvero?

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