Circa 63 anni fa a quest’ora un gruppo di liceali si preparava ad un ballo che passò alla storia. Il 12 novembre 1955 nella scuola di Hill Valley fervevano i preparativi di “Incanto sotto al mare” mentre Marty McFly tentava in tutti i modi un tragitto temporale che lo riportasse a casa, e di preciso nel 12 novembre 1985.
Ciò che successe dopo è leggenda per tutti gli appassionati di “Ritorno al Futuro”. Tre film che hanno fatto la storia, che hanno fatto viaggiare una macchina del tempo attraverso gli anni ’50, il Far West e attraverso le previsioni futuristiche del 2012.
I produttori del film non si spinsero oltre come data, ma cosa sarebbe successo se sulla tastiera della Delorean Marty avesse digitato distrattamente 12 novembre 2018 e si fosse trovato in Italia?
La situazione forse non sarebbe stata troppo diverse dalle, per l’epoca, avveniristiche visioni del regista Robert Zemeckis. O forse sarebbe stata peggiore?
L’impero di Beef, fondato sui casinò e il gioco d’azzardo sono una pallida parodia della ludopatia che ha intaccato il nostro Paese. Le scommesse del “Grande almanacco sportivo” non trovano pari nelle vero scommesse sportive, lecite e meno lecite a portata di smartphone.
Il Sindaco Goldie Wilson, un primo cittadino di colore rieletto nonostante i pregiudizi dell’epoca. Gli stessi pregiudizi che in molti, gli stessi che li hanno votati, si nutrono oggi nel movimento 5 stelle e in un governo che grida al cambiamento, andando oltre molti colori, ma forse non a tutti.
Quegli strani piatti microscopici che venivano messi nel forno e dopo 3 secondi diventavano porzioni familiari ci spaventavano. Non avevano ancora scoperto la specie vegana.
A quel punto Marty sarebbe risalito sulla Delorean, avrebbe fatto marcia indietro e sarebbe tornato al ballo scolastico del ’55 dove, sul palco, invece di emulare un eterno del rock come Chuck Berry, avrebbe strimpellato un Rovazzi d’annata.
Conoscendo in anticipo gli errori che avremmo potuto fare, i finali prevedibili sarebbero stati due.
Oggi ci troveremmo in un Paese fatto di democrazia, di dialogo, di bene che trionfa sul male, di canzoni migliori, di stampa libera dove i giornalisti sarebbero tali senza dover anche fare le “prostitute” per mantenersi.
Invece abbiamo scelto, consapevolmente, ancora una volta la strada più veloce, quella dove i ponti crollano e dove la pioggia uccide vite, sogni e progetti, la vita dove i colori esistono solo se fanno comodo. Insomma la nostra Delorean viaggia, senza tempo e senza meta su una “Highway to hell” dove non ci sono traguardi, ma solo un pedaggio obbligato.