«In queste celebrazioni che noi facciamo della Resistenza, di fatti e di figure di quel tempo, noi ci illudiamo di essere qui, vivi, che celebriamo i morti. E non ci accorgiamo che sono loro, i morti, che ci convocano qui, come dinanzi a un tribunale invisibile, a render conto di quello che in questi dieci anni possiamo aver fatto per non essere indegni di loro, noi vivi. […] Noi sentiamo, quasi con la immediatezza di una percezione fisica, che quei morti sono entrati a far parte della nostra vita, come se morendo avessero arricchito il nostro spirito di una presenza silenziosa e vigile, con la quale ad ogni istante, nel segreto della nostra coscienza, dobbiamo tornare a fare i conti. Quando pensiamo a loro per giudicarli, ci accorgiamo che sono loro che giudicano noi: è la nostra vita, che può dare un significato e una ragione rasserenatrice e consolante alla loro morte; e dipende da noi farli vivere o farli morire per sempre.»
Piero Calamandrei