Le competenze contese nella Ue
Insomma, stringi stringi, qual è la differenza fra l’Unione europea che vogliono i sovranisti (o nazional-populisti, in sigla nazi-pop) e quella che vogliono gli europeisti?
La partita più importante si gioca sempre sugli articoli 3 e 4 del Trattato istitutivo dell’Unione europea, ossia gli articoli che delineano le competenze esclusive della Ue (art. 3) e quelle concorrenti (ossia quelle per cui possono legiferare sia l’Unione che gli Stati membri, art. 4).
L’Ue ha in particolare competenza esclusiva (nel senso che gli Stati membri non possono legiferare sul punto) nelle seguenti materie:
a) unione doganale;
b) definizione delle regole di concorrenza necessarie al funzionamento del mercato interno;
c) politica monetaria per gli Stati membri la cui moneta è l’euro;
d) conservazione delle risorse biologiche del mare nel quadro della politica comune della pesca;
e) politica commerciale comune.
L’Europa dei sovranisti e quella degli europeisti
Ebbene, i sovranisti vogliono sottrarre quante più materie possibile alla competenza esclusiva e concorrente dell’Unione, per riportarle integralmente agli Stati membri (quindi, meno integrazione e meno Europa).
Gli europeisti, invece, vorrebbero arricchire l’elenco delle competenze esclusive della Ue (in particolare l’elenco di quelle esclusive dell’art. 3), cominciando dalla politica estera e di difesa e proseguendo con la creazione delle c.d quattro unioni: bancaria, fiscale, economica e politica (quindi più integrazione e più Europa).
In particolare, il pezzo grosso a cui puntano i sovranisti è la competenza della lettera c) dell’art. 3, la politica monetaria, con l’obiettivo di eliminare l’euro e ripristinare la piena sovranità monetaria dei singoli Stati (in Italia si tratterebbe di reintrodurre la Lira).
Al limite, se la partita dell’eliminazione dell’euro non fosse possibile, i sovranisti (almeno quelli italici) puntano a rivedere i parametri di finanza pubblica pattuiti nel Trattato di Maastricht e in quelli successivi (il famoso 3% di deficit etc. etc.).
Rispetto all’euro, gli europeisti vorrebbero invece affrontare la questione da un punto di vista diametralmente opposto: creare maggiore integrazione, perché, come loro stessi affermano, non è possibile vivere in un mercato unico con una singola moneta ma diverse politiche economiche e fiscali.
L’obiettivo di maggior integrazione a cui puntano gli europeisti è già tracciato nei trattati, mentre l’obiettivo perseguito dai sovranisti necessiterebbe di una profonda revisione dei trattati.
Qui il problema è che per rivedere i trattati in profondità (ad esempio togliendo la politica monetaria alla Ue) serve il consenso di tutti i Paesi aderenti (art. 48 TUE).
Ecco perché i sovranisti sono in un vicolo cieco, perché non avranno mai il consenso di tutti i Paesi membri per il loro obiettivo principale.
E adesso che in Europa i sovranisti continuano a contare poco o nulla (il gruppo dell’Europa delle Nazioni e delle Libertà in cui si iscriverà la Lega avrà 58 seggi su 751, mentre il gruppo dell’Europa delle Libertà e della Democrazia Diretta in cui si iscriverà il M5S ne avrà 54), questo vicolo cieco si fa ancor più opprimente.
L’Italexit come strategia e opzione necessaria
Ebbene, senza unanimità di consensi per modificare i trattati eliminando l’euro o, al più, legittimando le politiche di alto indebitamento e di spesa corrente in deficit che propugna Salvini, ai sovranisti italiani resterà solo una strada: l’Italexit (art. 50 del Trattato UE).
La rotta appare del resto già tracciata dalla Lega da molto tempo a questa parte. Si tratta di una strategia che parte da lontano, dalle magliette “No Euro” di Salvini e passa poi per l’ingaggio dei due economisti euroscettici Borghi e Bagnai. Una strategia che strada facendo alterna momenti di critica subdola ad altri di attacco aperto, anche in tempi recenti. Ricordate, ad esempio, quando tre mesi fa Borghi spiegò che se non si fosse stati in grado di modificare le regole l’Italia se ne sarebbe andata?
Una strategia che ha visto Salvini appoggiare apertamente Nigel Farage in Gran Bretagna. Una strategia che mira a portare quanta più parte della popolazione a schierarsi con lui contro il nuovo nemico rappresentato dall’Unione europea in vista del possibile confronto finale. Una strategia che prosegue in questo momento, in cui Salvini lancia una nuova sfida all’Ue minacciando nuovamente la violazione da parte dell’Italia dei parametri di finanza pubblica pattuiti nei trattati.
Il punto è che, arrivato al livello di consenso a cui si trova oggi, Salvini non potrebbe permettersi di perdere arrendendosi alla Troika come fece Tsipras in Grecia nel 2015.
Per questo Italexit rimane per la nuova Lega anche un’opzione necessaria: se la minaccia fosse l’arrivo della Troika, bisogna che vi prepariate a votare ad un referendum sull’uscita dell’Italia dalla Ue.