Catturare l’attenzione, nel bene e nel male. Ecco la vera sfida della politica: cercare di cogliere e ottimizzare il poco tempo che gli elettori dedicano all’informazione politica.
E, se è vero che il “purché se ne parli” è una strategia poco efficace, è pure vero che – in tempo di campagna elettorale – è difficile far parlare di sé. D’altronde, il senso di sfiducia degli elettori verso la politica è da tempo oltre i livelli di guarda, e questa disaffezione – le cui radici sono lontane – va di pari passo con l’ideazione di nuovi linguaggi politici, nuovi strumenti, nuovi media. Come si suol dire, la politica si è fatta pop: e infatti, oggi più che mai, la campagna elettorale oltrepassa i confini dei luoghi e delle dinamiche politiche, e approda nel mondo della quotidianità degli elettori.
Un esempio? La campagna elettorale di Joachim B. Olsen, candidato alle politiche del prossimo 5 giugno in Danimarca, che ha acquistato un banner pubblicitario su Pornhub, celebre motore di ricerca per video e immagini pornografiche: “bisogna stare dove sono gli elettori”, ha (giustamente) dichiarato. Il ragionamento fila: con più di 92 milioni di utenti globali al giorno, l’audience di Pornhub in Danimarca è enorme, posizionando il paese al 28° posto della classifica mondiale degli accessi al sito. Un numero impressionante considerando che, invece, la Danimarca si classifica al 114° posto nella classifica sulla popolazione.
D’altronde, come dice lo stesso Olsen, “metà dell’internet è pornografia, quindi perché non sfruttare quello spazio?”.
Lo stesso ragionamento deve averlo fatto, nel 2016, Alexander Freier, candidato alle comunali di Berlino, che sfruttò la più popolare piattaforma di incontri, Tinder, per la propria campagna elettorale. 29 anni, fidanzato, si presentava sull’app di dating con slogan espliciti come “Berlino resta gay” e “Berlino città delle libertà”. Freier dichiarò di aver avuto feedback positivi (soprattutto in termini di approcci) e di aver lavorato molto affinché rimanesse ben separato il piano politico dal privato. La scelta fece scalpore, ma il senso era evidente: su Tinder ci sono più di 2 milioni di utenti tedeschi, e l’applicazione – che ha come criterio di ricerca la geolocalizzazione – permette quindi di trovare le persone che si trovano intorno a noi. Una scelta divertente ed eccentrica, soprattutto in un’elezione locale.
E infatti, nello stesso periodo, anche un candidato italiano fece una scelta di questo tipo. Stiamo parlando di Marco Cappato, esponente della galassia radicale, che nel 2016 si candidò alle comunali della Città Metropolitana di Milano. Cappato, che da radicale ha sempre utilizzato il proprio corpo e la provocazione come strumenti politici, aprì un profilo su Tinder ma soprattutto su Grindr, app di dating dedicata agli incontri tra persone dello stesso sesso. La campagna, denominata #scoprimitutto, mirava a parlare alla comunità LGBTI: “Venite a scoprire la lista più LGBTI che c’è: il programma lo spieghiamo anche a letto, senza distinzioni tra maschi e femmine”, dichiarò nel corso di un’intervista.
Ora la vera domanda è: quanto sono efficaci queste campagne? La risposta è complessa: se per efficacia infatti intendiamo lo spostamento reale dei voti – ovviamente di difficile calcolo – la risposta è “poco”. Presumibilmente, sono pochi gli utenti che rimangono positivamente colpiti e, probabilmente, sono ancor meno coloro che scelgono di votare per un candidato perché ne incontrano la pubblicità in un momento di intimità o su piattaforme non convenzionali. Anzi, in queste occasioni sorgono anche lamentele e rimostranze in virtù di un fastidio per l’invasione della propria sfera privata da parte di un personaggio pubblico, per giunta in cerca di voti.
Ma il vero centro della questione non è quanti voti spostino queste campagne. Queste attività, nel loro piccolo prorompenti, dissacranti e anticonvenzionali, permettono ai candidati minori di far parlare di sé, di arrivare sui media. Diventano un mezzo attraverso il quale, con uno sforzo minore rispetto ai media tradizionali e con budget inferiore rispetto ai candidati più noti, si può arrivare al grande pubblico con un posizionamento anticonformista, ironico e spiritoso, incuriosendo anche quegli elettori a cui normalmente ci si rivolgerebbe con difficoltà.
Ecco perché queste campagne anticonformiste funzionano, soprattutto con i candidati meno noti: perché raggiungono il risultato di aumentare sensibilmente la notorietà del politico che ne fa uso. E, si sa, uno dei primi indici di importanza e rilevanza di un politico è proprio quanti elettori lo conoscono…