In principio fu Dudù. Il barboncino di Francesca Pascale, all’epoca nuova compagna di Silvio Berlusconi, entra nel dibattito pubblico e politico nell’estate del 2012.
Al tempo, la rappresentazione mediatica del rapporto tra il Cav e l’amato Dudù aveva molti risvolti: tra tutti, quello di restituire un’immagine empatica e rilassata in un periodo turbolento, sconvolto da batoste giudiziarie e mediatiche. Il processo Ruby Bis costrinse i fidati consulenti a intavolare una strategia di rebranding personale importante, coinvolgendo e toccando con modifiche importanti ogni aspetto dell’immagine di Silvio Berlusconi: l’abbigliamento, il linguaggio, perfino (osservarono i più maligni, indicando Francesca Pascale stessa) gli affetti. In quest’ottica, la scelta di “adottare” un cane e di raccontare l’affetto della coppia verso Dudù fu sicuramente azzeccata, e raggiunse l’obiettivo di riabilitare Silvio Berlusconi agli occhi di una fetta di pubblico e di elettorato che era rimasto “scottato” dalle vicende giudiziarie del Cav.
Un tentativo simile lo fece Mario Monti, durante la campagna elettorale per le elezioni politiche del 2013: per provare a risultare più alla mano, si presentò da Daria Bignardi con un cagnolino (chiamato, per l’appunto, Empy, come empatia) e un boccale di birra. Il risultato, in quel caso, fu diverso: la scena, affettuosa, contrastò con le caratteristiche per cui l’ex Primo Ministro era noto: il rigore, la serietà, l’affidabilità, la competenza. Il professore tentò quindi di umanizzarsi, di sembrare più “normale”: perse, invece, di credibilità.
Non è da sottovalutare, inoltre, che gli animali da compagnia, al tempo della politica pop, diventano essi stessi protagonisti. Il loro legame con il leader si configura quasi come uno “strumento” per raccontare (e in alcuni casi, rafforzare) un’immagine personale, ma anche politica, di un leader che a tempo debito sa essere anche emotivo, empatico, amorevole. Un leader che, anche in momenti di difficoltà, sa coltivare momenti piacevoli e privati.
https://twitter.com/GiuseppeConteIT/status/1137793822308610050?ref_src=twsrc%5Etfw
Dall’account di Giuseppe Conte, qualche giorno fa, è stata rilanciata una foto del Presidente del Consiglio con due cagnolini. “Un po’ di relax domenicale prima di affrontare una nuova impegnativa settimana”, recita la didascalia: con più di 450 retweet e più di 4mila “cuori”, il contenuto è il più rilanciato e il più apprezzato del profilo Twitter del Premier. Sicuramente, l’obiettivo è raggiunto: il Presidente Conte appare a suo agio e rilassato anche in abiti casual.
Merito degli animali? Può darsi, anche se in fondo il vero tema è un altro.
Ci troviamo infatti in un costante periodo pre-elettorale, una campagna permanente, in cui il consenso per la persona spesso supera e ingloba quello politico, in cui il sostegno ad una determinata ideologia (o idea, che dir si voglia) viene misurato anche fuori dal momento del voto. I social, in questo, hanno assecondato dinamiche di popolarizzazione della politica, creando maggior consenso intorno a chi è più empatico e spigliato nel rapporto con i propri elettori.
E gli animali, da che mondo è mondo, attirano simpatia e innescano meccanismi di umanizzazione che – sui social, così come in politica – sono importanti per parlare ad un elettorato disattento, distante, disaffezionato.
Un elettorato oggi interessante per chi, magari proprio Giuseppe Conte, potrebbe presto sondare il terreno per costruire – pian piano – un proprio posizionamento politico e personale in vista elezioni…