SkypeEuropaSavona e il tabù del debito al 200%

L’annuncio di Paolo Savona, il guru del sovranismo economico italiano, è di quelli che sono destinati a lasciare il segno. Arrivare al 200% del rapporto debito/pil si può. L’esempio è il Giappone...

L’annuncio di Paolo Savona, il guru del sovranismo economico italiano, è di quelli che sono destinati a lasciare il segno. Arrivare al 200% del rapporto debito/pil si può. L’esempio è il Giappone.

Musica per le orecchie dei vecchi NO euro, dei contemporanei sovranisti italiani e di tutto quel vasto mondo che in Italia attribuisce le colpe delle difficoltà del nostro paese esclusivamente alle lobby, all’Europa, all’euro, alla Germania, a Macron, al Franco africano, ecc…

È stato un discorso esperto e senza fronzoli quello di due giorni fa. Temerario ma soprattutto di quel fanatismo italico che fa leva sulle infelicità delle persone per addossare colpe nostre su altri paesi.

Di Paolo Savona sappiamo ormai tutto. I suoi affari, la sua storia e le sue tesi, mai moderate, capaci di far proseliti tra gli italiani più colpiti dalla crisi. Quelli frastornati da un cambio di vita, quelli che non possono spiegare come una crisi economica (quella del 2008, non una qualsiasi) abbia modificato la propria vita frastagliandola di momenti di insicurezza che apparentemente non esistevano all’epoca della buona vecchia lira. Gli anni belli della Prima Repubblica, quelli in cui molti dei fan di Paolo Savona sono cresciuti senza immaginare che qualcuno stava minando il loro futuro, accumulando il debito pubblico più grande tra i paesi occidentali (in rapporto al PIL).

Una montagna di debito cresciuta rapidamente in un decennio (gli 80) grazie a Cassa del Mezzogiorno, pensioni baby, pensioni di anzianità, flussi di soldi portati nei paradisi fiscali o nella più comoda Svizzera per evitare le continue e massacranti svalutazioni della lira e soprattutto tanta e diffusa evasione fiscale. Un male quest’ultimo incurabile per lo spirito libero italiano.

Anni difficili per i lavoratori dipendenti (sono gli anni in cui comuni, province e regioni vengono riempite di giovani )costretti a stimolare l’intervento dei sindacati per attualizzare il proprio salario all’inflazione. Anni di strategie chiare per i risparmiatori, costretti a investire sul mattone, sull’oro e su tutti quei beni rifugio inscalfibili dalle cadute della lira.

Anni vissuti da protagonista dall’ottantenne ex Presidente di Impregilo, Gemina, Capitalia, Banca di Roma e tanto altro. Anni mai citati ieri dal Professore del cambiamento, sicuro che nessuno in Europa sia disposto a lasciar cadere l’Italia nel baratro di tassi incontrollati e quindi che alla fine a Bruxelles siano disposti a cedere e a salvarci comprando, in vario modo, il nostro debito. Non fa niente se questo serve per finanziare quota 100, per andare in pensione a 61 anni mentre nei paesi del nord si ragiona su 66 per i lavori non usuranti o si cercano strade diverse, come part time o periodi di attività lavorativa alternati a lunghe ferie.

In fondo noi siamo l’Italia. Chi non ci ama, a partire dai tedeschi?! In tanti vorrebbero vivere in questo paese (spesso solo da aprile a ottobre) tutti ne riconoscono le bellezze storiche, artistiche e culinarie.

Il modello Giappone è per i sovranisti “il modello”. Tanto che ne fanno un uso spropositato quando raccontano la loro idea di ritorno alla lira, quella che premierebbe le esportazioni facendo riesplodere la felicità perduta dall’italiano medio. E non importa se tre dati molto differenti tra noi e i giapponesi (la tassazione giapponese al 30% mentre la nostra sfiora il 50, il debito giapponese in mano ai giapponesi mentre quello italiano nella pancia delle banche e l’attitudine del giapponese a pagare le tasse, a differenza dell’Italia, paese record di evasione in Occidente) siano fattori cruciali per chi osserva il debito.

L’azione sovranista è ufficialmente partita. Ci saranno strappi e ricuciture nei prossimi mesi. Ancora strappi e ricuciture. L’obiettivo sarà sempre lo stesso. Accumulare debito, sperando in un nuovo boom economico, e spingere l’UE ad accettarlo e a finanziarlo in qualsiasi modo, visto che i mercati non lo approveranno.

Le newsletter de Linkiesta

X

Un altro formidabile modo di approfondire l’attualità politica, economica, culturale italiana e internazionale.

Iscriviti alle newsletter