Politica e biopoliticaNon abbiamo bisogno di Antigone

Antigone finisce i suoi giorni sepolta viva nella sua patria, Karola, dopo qualche giorno di fermo, torna libera e, anzi, sembra farà pure causa al ministro dell’interno italiano che l’avrebbe offe...

Antigone finisce i suoi giorni sepolta viva nella sua patria, Karola, dopo qualche giorno di fermo, torna libera e, anzi, sembra farà pure causa al ministro dell’interno italiano che l’avrebbe offesa. Ma non torna, né sembra voglia tornare nella sua patria. La sua patria è il mondo intero. La patria di Antigone, il suo universo, era la sua famiglia, e suo fratello morto. Potrebbe bastare questo semplice esito delle due vicende a smontare il retorico parallelismo costruito in questi giorni intorno alla vicenda della Seawatch3.

Eppure la stampa italiana e internazionale ha caricato di evocazioni letterarie questo scontro con il rischio di non renderlo però effettivamente comprensibile e decifrabile. Quello tra Antigone e Creonte è uno scontro tra famiglia e Stato, tra privato e pubblico, tra personale e politico. Quello tra il Capitano e la Capitana è stato ed è uno scontro tutto politico, o se si vuole tra biopolitica e geopolitica, in cui il diritto costituisce un orpello ma non la sostanza, che infatti risulta totalmente ideologica: sovranismo contro cosmopolitismo.

Eppure la giovane capitana tedesca non ha fatto particolari dichiarazioni, ha solo comunicato necessità umanitarie, ma questo reiterare la richiesta a un paese solo, facendo anche ricorso, e perdendolo, presso la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, che pilatescamente si è levata e lavata ogni responsabilità, ha cambiato tutto il senso dell’operazione. Nel momento in cui la Sea Watch3 insiste davanti a Lampedusa e non fa rotta verso altre destinazioni come la Francia o la Spagna, raggiungibili in meno di due giorni di navigazione, trasforma quello che fino ad allora era un soccorso umanitario come tanti in provocazione politica. Provocazione politica cui il ministro degli interni risponde con altrettanta determinazione, evidentemente; questo solo per dare le coordinate giuste dell’accaduto.

La provocazione di Carola non è un appello al cuore degli uomini, ma all’Europa cosmopolita, lo dimostra la visita di alcuni deputati del PD sulla nave in segno di solidarietà. Vuole dire chiaramente: “tu sei dei nostri, noi siamo con te”. La provocazione di Salvini, “sbruffoncella”, non è un attacco ai migranti, ma interpreta una percezione diffusa relativa alla presenza delle ONG, per di più straniere, nel canale di Sicilia, ovvero quella che l’Italia sia un paese preso in giro e deriso da quelli che dovrebbero essere i suoi alleati, anzi da quelli con cui dovrebbe condividere un comune destino ma che invece ci lasciano da soli ad affrontare i flussi mifratori. Biopolitica contro geopolitica. Umanitarismo cosmopolita contro dignità nazionale.

Eppure la biopolitica non può servire a nascondere la geopolitica, non è una risposta alla geopolitica. Ci sono stati oltre 500 morti invisibili, per operazioni militari in Libia negli ultimi 3 mesi, nell’inazione e nell’afasia non solo dell’Italia ma dell’Europa e del resto del mondo. Colpisce come “la responsibility to protect” solertemente applicata l’ONU nel 2011 contro Gheddafi sia drammaticamente scomparsa dai radar e dalle risoluzioni degli organismi internazionali nonostante il deteriorarsi della situazione e la detenzione ingiusta di migliaia di migranti africani ad opera di trafficanti di esseri umani. L’universalismo cosmopolita dell’ONU mostra il fiato e il fianco a facili recriminazioni.

E allora è proprio su questo sottofondo di ipocrisie se non proprio di atteggiamenti codardi e vigliacchi da parte di organismi internazionali e sovranazionali, oltre che dei singoli paesi, che scaturisce la rabbia sovranista. Nascondersi dietro Antigone, dietro la biopolitica, dietro corpi inermi nudi e affamati, non può rappresentare una soluzione seria. Una risposta politica.

Ci vuole una vera e propria assunzione di responsabilità politica, a livello sia nazionale che europeo. Un obiettivo che non si raggiunge con le provocazioni, ma neppure identificandosi con l’eroina di turno o, all’opposto, scagliandosi contro il capro espiatorio di turno. Due atteggiamenti contrari nel merito ma uguali nel metodo: entrambi conformisti. Un obbiettivo che non si raggiunge neppure con gesti, sebbene nobili, di testimonianza, ma con il coraggio di affrontare e risolvere i nodi geopolitici che sono il presupposto logico e storico delle crisi e delle emergenze umanitarie.