BabeleJulian Assange: per lui ancora carcere

Julian Assange, noto fondatore del sito web Wikileaks, da cui prese il nome l'omonimo caso, resterà dunque in carcere anche dopo la scadenza della pena assegnatagli di ben 50 settimane. La reclusio...

Julian Assange, noto fondatore del sito web Wikileaks, da cui prese il nome l’omonimo caso, resterà dunque in carcere anche dopo la scadenza della pena assegnatagli di ben 50 settimane. La reclusione, riferiscono fonti RAI in data 14 settembre 2019, è obbligata e permanente anche perché un suo eventuale rilascio comporterebbe un pericolo di fuga: lo hanno deciso ieri i magistrati di Westminster – riporta il Guardian – alla luce della sua decisione di rifugiarsi nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra nel 2012 al fine di evitare la temuta estradizione in Svezia.

Resta però ancora alto il timore per cui Julian Assange sarebbe in attesa di essere estradato negli Stati Uniti con l’accusa di hackeraggio.

La libertà sarebbe dovuta arrivare il prossimo 22 settembre, tuttavia Assange rimarrà agli arresti come ‘persona in attesa di estradizione’. Attesa invece a Febbraio del 2020 l’udienza definitiva che vedrà Assange libero cittadino o al vaglio della Corte americana per i reati di cui è accusato.

La notizia è fresca di stampa, tutto il mondo ne parla. Il punto su cui soffermarmi non è tanto quanto Julian Assange sia colpevole o innocente, quanto Wikileaks abbia oltraggiato documenti meritevoli o meno di restare privati, piuttosto quando il web possa, ancora oggi, rappresentare un luogo non del tutto sicuro. Un legame sempre più forte tra digitale e reale è costituito dalla possibilità di esser scoperti, che le mani nel sacco si abbiano o meno.

L’excursus di Assange è messo lì non a voler raccontare un fatto di cronaca, quanto a voler testimoniare come, una “violazione” delle regole digitali non scritte, abbia scatenato un caso mediatico e giuridico in cui anche L’ONU ha detto la sua, dichiarando -per inciso- illegittima la reclusione di Julian Assange.

Altro elemento su cui riflettere, curiosamente, riguarda invece l’assoluta unidirezionalità della cosa. Per dirla in parole povere: il diritto di spifferare segreti spetta solo ai grandi, invertire la tendenza è un reato bello e buono. Altra notizia fresca di battitura riguarda la direttiva per cui dal 14 settembre le banche saranno obbligate a comunicare e condividere con terze parti le informazioni sui propri correntisti. Questo, almeno secondo quanto riferito, avverrà se il cliente autorizzerà la banca a farlo, non in caso di esplicita richiesta inversa. Le società terze chiamate in causa sono: Pisp, Aisp e Cisp. Tra le proposte delle aziende appena citate anche molti servizi vantaggiosi per i clienti, ma la libertà di credere che si tratti di un abile diversivo per esercitare maggior controllo fiscale non è venuta a pochi. La notizia è riportata dal quotidiano https://www.notizieoggi24.it/, gli approfondimenti eventuali sono consultabili al collegamento indicato.

Ad ogni modo, che si tratti di Assange o chi per esso, i tentativi di rendere internet un mondo davvero Open Source, sono quasi sempre finiti in un “bagno di sangue”. L’economia è quell’argomento che ancora merita di esser trattato e messo in discussione dalle masse, la politica (forse) conserva ancora il retaggio culturale del passato, per cui il web rappresenta ancora un terreno tortuoso.

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