La sfida di +Europa e di Emma Bonino è per chi non s’accontenta

Al di là dei tatticismi (fa meglio, alla crescita nei consensi del movimento, stare all’opposizione o stare al governo?) a tenere banco dentro a +Europa c’è oggi anche un contrasto di visione polit...

Al di là dei tatticismi (fa meglio, alla crescita nei consensi del movimento, stare all’opposizione o stare al governo?) a tenere banco dentro a +Europa c’è oggi anche un contrasto di visione politica.

Un contrasto rimasto finora latente, perché l’emergenza democratica sfociata nel delirio dei “pieni poteri” era ritenuta tale da tenere assieme anche sensibilità piuttosto diverse.

L’uscita di scena di Salvini e l’accantonamento della Lega da ipotesi di nuovi governi, ha consentito a +Europa di svolgere un ragionamento politico puro e scevro da compromessi, che va al cuore della iniziativa che il movimento intende percorrere.

Così, da una parte vi sono la Direzione nazionale e la Segreteria (democraticamente, quindi, il movimento) che, con la senatrice Emma Bonino, intendono porsi all’opposizione del nascente governo Conte bis e intendono farlo in maniera nettamente diversa da ciò che è andato in scena ieri davanti a Montecitorio. Dall’altra i tre parlamentari Alessandro Fusacchia, Bruno Tabacci e Riccardo Magi che, seppur con sensibilità e motivazioni diverse, hanno votato la fiducia ieri alla Camera.

Sotto a questa divisione (che nella base ha sfumature e motivazioni altrettanto diverse e variegate) cova però anche un conflitto fra diverse visioni politiche: la visione di chi vorrebbe ascrivere definitivamente +Europa all’area del centrosinistra (che è la visione di Bruno Tabacci e forse anche di Alessandro Fusacchia) e quella di chi vorrebbe fare di +Europa un movimento liberaldemocratico (che è la visione del Segretario Benedetto della Vedova e di Emma Bonino).

Ma che vuol dire essere un movimento liberaldemocratico?

In una famosa lettera rivolta nel 1951 da Benedetto Croce ai nuovi iscritti al Partito Liberale Italiano, il filoso spiegò che il liberalismo che voglia farsi partito ha una singolarità: “è l’unico partito di centro che si possa pensare. Per questa ragione esso non può dividersi in una sinistra e in una destra, che sarebbero due partiti non liberali”.

Quello liberaldemocratico è un pensiero mobile, flessibile. Con dei capisaldi, naturalmente, ma alla continua ricerca di composizione di questi capisaldi nelle particolarità della situazione in essere. Quello liberaldemocratico è un metodo, prima di tutto. Giocare dal centro dello schieramento (o oltre gli schieramenti usuali, se piace di più) impone di adottare ora politiche conservatrici, ora politiche più progressiste, senza visioni preconcette come quelle di chi si colloca ai margini a destra e sinistra.

Sempre Croce in quella famosa lettera spiegò che “la libertà si garantisce e si salva talora anche con provvedimenti conservatori, come tal’altra con provvedimenti arditi e persino audaci di progresso”. Per usare le parole di un fortunato libro dell’ex segretario dei Libdem inglesi Nick Clegg, fare politica liberale significa farla “between the extremes”.

A chi è di sinistra sembrerà pertanto di destra un movimento come +Europa quando mette in cima alle sue priorità la tenuta dei conti pubblici.

E a chi è di destra sembrerà invece di sinistra quando mette in cima alle proprie priorità l’integrazione degli immigrati o la salvaguardia dei diritti civili.

Oggi +Europa ha ritenuto che la composizione dei propri capisaldi sia più agevole stando all’opposizione, ancorché in maniera costruttiva e non preconcetta. Del resto, votare la fiducia lega molto di più le mani rispetto al non votarla.

Giusto appaludire il Pd per aver contribuito a salvare la patria, ma stare all’opposizione di un Presidente del Consiglio che ha governato fino a ieri con Salvini e di un movimento, come quello dei 5 Stelle, che rispetto alla Lega è solo “diversamente populista”, è anzitutto un atto di serità politica.

L’opposizione di +Europa, oggi, è il luogo di chi non si accontenta, non certo il luogo della piazza di Giorgia Meloni e Matteo Salvini o delle televisioni di Silvio Berlusconi.

Niente di meglio, per spiegare le ragioni del collocamento di +Europa, delle parole di Emma Bonino oggi al Senato (il discorso è stato ritrascritto velocemente, ma è pressoché alla lettera):

“Il suo intervento, Presidente Conte, è un libro dei sogni. Una fiera delle ovvietà. C’è qualcuno che non vorrebbe più asili nido o vorrebbe più inquinamento? C’è qualcuno che non vorrebbe salari più alti o servizi pubblici più efficienti? Un programma di governo non può essere una lista dei desideri: deve essere un programma di interventi che indichi le coperture possibili. Mia madre Catterina, con due “t”, avrebbe detto: “Ottimo e abbondante”. Ma avrebbe subito aggiunto: “Tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare” e, per quanto mi riguarda e riguarda +Europa, qui in mezzo c’è un oceano.

La cosa chiara è che il suo esecutivo intende ricorrere al deficit in misura anche più ampia del precedente governo. Con ciò illudendo gli italiani due volte: illudendoli che il deficit sia gratis, che non diventerà un peso sulle spalle dei giovani e dei contribuenti di domani e illudendoli che possa essere illimitato. Ma ammettiamo pure che lei riesca ad ottenere, come auspica, flessibilità in deficit per 10 miliardi: coprirebbe meno di un terzo delle sole promesse sull’iva e sul taglio del cuneo fiscale. E le coperture su tutto il resto che ha menzionato? Sulla scuola, la sanità, i servizi pubblici, i beni collettivi? A mio avviso le solite vaghezze su lotta all’evasione e sulla spending review. Sento queste cose da quando ero molto, molto più giovane. Qualcuno ha scritto giorni fa che l’approccio economico del governo giallo-rosso non è molto diverso da quello del governo giallo-verde. E’ un approccio figlio del convincimento che il Paese possa crescere solo facendo più deficit e che solidarietà significhi redistribuire i debiti. Non è la mia concezione: solidarietà significa redistribuire ricchezza. E la ricchezza va prima creata.

Ma vi è una cosa su cui, invece, il suo programma è molto chiaro: lei e il suo governo non volete davvero disfare nulla di quanto fatto dal governo precedente. Il Conte 2 è più che indulgente rispetto al Conte 1. Le sue annunciate novità mi sembrano una sostanziale continuità, impressionante, a partire dai decreti sicurezza, per non parlare di Quota 100, del reddito di cittadinanza, del blocco della prescrizione, del taglio dei parlamentari presentato come puro oltraggio alla rappresentatività del Parlamento. In questo programma il governo promette tutto a quasi tutti, ma io penso che dobbiate stare attenti al rischio di non resuscitare politicamente l’ex vice primo ministro, che si è azzoppato da solo, per arroganza: voler stravincere è normalmente un enorme errore. Averlo tenuto fuori dal Viminale è positivo, ma state attenti a non rideterminare le condizioni che lo potrebbero riportare direttamente a Palazzo Chigi. Presidente, se lei promette tutto a tutti, crea delle aspettative che ben presto, come lei sa, rischiano di trasformarsi in insoddisfazioni (diciamo così). Il rischio è che il fallimento delle sue promesse riapra la strada all’altro partito del populismo italiano, perché nella gara a chi la spara più grossa è difficile battere l’ex ministro dell’Interno. E colgo anche l’occasione per invitarla a spiegare al giovane ministro degli Esteri che la Farnesina non può diventare il quartier generale di un partito o la sede di un governo ombra.

Il governo che lei ha presieduto è stato il più ostile all’Ue. Mi permetta, quindi, di non credere a scatola chiusa che nel giro di pochi giorni lei sia diventato un leader europeista e con lei il ministro di Maio e con lui tutti i 5 Stelle. Mi permetta di avere questo dubbio. E qua voglio dirle che se il suo precedente governo è caduto per implosione è un’ottima notizia ed è un’ottima notizia che la nuova maggioranza abbia portato Paolo Gentiloni alla Commissione europea e il ministro Gualtieri al Ministero dell’Economia.

+Europa è nata per costituire un’alternativa alla deriva populista della politica italiana. Siamo partiti quando non era ancora chiara, quasi a nessuno, la portata della sfida politica all’Europa e allo stato di diritto che veniva dai movimenti antipolitici come i 5 Stelle e da quelli nazionalisti come la Lega. Quindi oggi, a nome di +Europa, voterò contro la fiducia al suo nuovo governo, che rischia di essere, rispetto al suo precedente, solo “diversamente populista”.

L’opposizione di +Europa sarà non solo costruttiva, ma anche alternativa a quella capitanata dal partito che è stato, fino all’ultimo giorno, azionista di riferimento della sua precedente maggioranza. Sarà opposta a quella di Salvini, non ne abbia dubbi. Sono io che ho dubbi sul fatto che il suo nuovo governo possa veramente agire in maniera totalmente opposta a quello che ha fatto con Salvini. Lei, professor Conte, può essere il successore, ma non può diventare l’alternativa di se stesso. Questo sarebbe chiederle troppo.

Sono disposta a cambiare idea, ma lei e il suo esecutivo dovrete prima dimostrarvi capaci di cambiare politica in modo radicale, e sostanziale, anche nel linguaggio. E nel dire la verità ai cittadini italiani, che hanno il diritto di sapere quali siano le vere priorità di questo governo, in una situazione in cui non ci sono soldi per nessuno. Per favore: basta illusioni, basta bugie. Perché, senza scomodare Kennedy, dire la verità fa crescere i cittadini, fa crescere la classe politica, rende tutti più responsabili”.

Per qualcuno tenere +Europa all’opposizione sarebbe una scelta miope. A me pare più una scelta presbite: che guarda lontano. Una scelta dall’orizzonte più lungo ed ambizioso. Una scelta per chi non s’accontenta e non se la beve.

Perché Emma Bonino è e sarà sempre per chi non s’accontenta.

Piero Cecchinato

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