I numeri impietosi sulla scuola della Nadef 2019

Sulla scuola, tante belle parole nella NADEF 2019, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza che anticipa la manovra di spesa di fine anno. Sotto la voce "Istruzione e competenze...

Sulla scuola, tante belle parole nella NADEF 2019, la Nota di aggiornamento al documento di economia e finanza che anticipa la manovra di spesa di fine anno.

Sotto la voce “Istruzione e competenze” (pag. 87) si possono leggere le seguenti bellissime linee programmatiche: “Per stimolare una crescita duratura è fondamentale investire sulle nuove generazioni, garantendo a tutti la possibilità di svolgere un percorso di crescita professionale, sociale e culturale e creare le condizioni per il rientro di quanti hanno lasciato il Paese. Le dotazioni a favore della scuola pubblica verranno migliorate, anche da un punto di vista infrastrutturale. L’università e la ricerca verranno potenziate e il sistema di reclutamento verrà allineato ai migliori standard internazionali”.

Segue l’elencazione di una serie di interventi molto apprezzabili, anche se delineati in maniera piuttosto generica: si va dalla limitazione delle classi troppo affollate, alla valorizzazione, anche economica, del ruolo dei docenti, dal potenziamento del piano nazionale per l’edilizia scolastica, alla gratuità degli asili nido.

Si indicano tra le priorità la lotta alla dispersione scolastica e al bullismo e il ripensamento dei percorsi di formazione e abilitazione del personale docente. Entro la fine del 2019, si dice, sarà poi bandito un concorso ordinario per coprire 16.959 posti della scuola dell’infanzia e primaria.

Tutti obiettivi lodevoli e sacrosanti, anche se esplicitati in maniera alquanto vaga e generica e anche se non emerge alcuna visione complessiva di riforma e innovazione dell’istituzione scolastica.

Comunque, sempre meglio di niente.

Peccato che poi arrivino i numeri. Impietosi.

Nella tabella estratta dalla Nadef 2019 (pag. 48) è evidenziata l’incidenza, in misura percentuale sul PIL, della spesa pubblica per comparti.

Come si vede, mentre la spesa pensionista salirà fino al 2045 (aumentando dal 15,6% del PIL negli anni 2019 e 2020 al 18,1% del 2045, complice, certo, l’incremento del rapporto fra numero di pensioni e numero di occupati indotto dalla transizione demografica), quella per la scuola è destinata a scendere ulteriormente, passando dal 3,4% del 2020 al 3% del 2035, per poi risalire piano piano, ma mai più ai livelli attuali.

Questo in un paese, quale è l’Italia, in cui il 77,2% della spesa sociale è destinata a chi ha più di 65 anni (mentre in Irlanda, per dire, si tratta solo del 31,8%).

In un paese, quale è l’Italia, che per la scuola ha sempre speso meno degli altri paesi europei. Nel 2016 la spesa italiana per istruzione si è infatti attestata al 3,9% del PIL, un dato inferiore alla media Ue (che è pari al 4,7% del PIL). Ed anche al di sotto di quello dei maggiori paesi europei, in particolare della Francia (5,4%) e Regno Unito (4,7%).

Se invece si considera la spesa pubblica per istruzione in percentuale di spesa pubblica totale, l’Italia è all’ultimo posto in Europa con solo il 7,9% a fronte di una media europea del 10,2%.

E adesso si scenderà ancora.

Ecco il furto generazionale, toccato con mano.

E poi qualcuno trova anche il coraggio di dire ai ragazzi che dovrebbero starsene a scuola a studiare invece di manifestare per il loro futuro.

Piero Cecchinato

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