ArcelorMittal ha ragione da vendere contro lo Stato italiano costretto a rimangiarsi la parola dalla sua classe dirigente.
Questi i fatti rispetto al c.d. scudo penale la cui eliminazione è invocata oggi dalla multinazionale indiana dell’acciaio come giusta causa di recesso dall’impegno all’acquisto di Ilva:
– lo scudo, nella sua versione originaria, è stato introdotto per i commissari straordinari che hanno preso in gestione Ilva dopo i sequestri del 2012; in questa versione era stabilito nell’art. 2 comma 6 del decreto legge n. 1/2015 con le seguenti parole: “Le condotte poste in essere in attuazione del Piano di tutela ambientale e sanitaria di cui al DPR 14 marzo 2014 non possono dare luogo a responsabilità penale o amministrativa del commissario straordinario e dei soggetti da questo funzionalmente delegati, in quanto costituiscono adempimento delle migliori regole preventive in materia ambientale, di tutela della salute e dell’incolumità pubblica e di sicurezza sul lavoro”;
– nel 2016, con l’art. 1, comma 4, lett. b), nn. 1) e 2) del decreto legge 9 giugno 2016, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla L. 1° agosto 2016, n. 151, il Parlamento ha aggiunto, dopo l’espressione “commissario straordinario”, l’espressione “dell’affittuario o acquirente”, al fine di agevolare il processo di cessione dello stabilimento e tenere gli acquirenti al riparo da eventuali ripercussioni negative delle responsabilità della gestione precedente;
– quest’ultima integrazione è stata approvata anche dal M5S (un deputato del movimento ha pure fatto da relatore alla legge di conversione);
– quindi, si può dire che il M5S avesse accettato di esentare da responsabilità anche l’affittuario o l’acquirente che avesse dato corso – correttamente, si intende – al piano governativo di bonifica;
– la norma trovava ragione in una assunzione di responsabilità collettiva anche da parte della politica, che con i tecnici del governo avrebbe indicato come effettuare gli interventi, evitando l’imputazione penale per fatti della gestione precedente e denunce strumentali per condotte in linea con il nuovo piano di bonifica prescritto (le condotte non in linea, invece, non potevano certo dirsi scudate);
– nel Decreto Crescita del 3 settembre 2019, all’art. 14, adesso il governo ha limitato lo scudo (ma solo per gli affittuari e aquirenti e, quindi, per ArcelorMittal) entro i termini temporali previsti dal Piano di bonifica per l’esecuzione degli interventi; si tratta di limite su cui si può discutere (perché in Italia non sempre il rispetto dei tempi di un appalto dipende dall’appaltatore e perché si tratta comunque di un cambiamento delle regole in corsa), ma comunque giustificabile con l’intento di indurre Accelor Mittal a rispettare le tempistiche previste;
– alla fine del Decreto Crescita, però, viene inserita anche una clausola di salvaguardia generale con la quale si afferma che “In ogni caso rimane ferma la responsabilità in sede penale, civile e amministrativa derivante dalla violazione di norme poste a tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori”;
– è quell’”in ogni caso” che fa cadere tutta la norma scritta nel 2015, che fa cadere completamente l’esenzione, togliendo di mezzo tutto quanto approvato fino a ieri.
Quindi, ha ragione ArcelorMittal quando dice che il governo (e il M5S che ha voluto la nuova norma, in primis) hanno cambiato le carte in tavola.
Lo Stato fedrifrago (e la campagna elettorale perenne).
p.s.: se ArcelorMittal, come qualcuno dice, stava manovrando nel torbido per far fuori una concorrente, è ancora peggio, perché il M5S le avrebbe offerto su un piatto d’argento l’occasione di exit